martedì 1 luglio 2014

Fan Fiction The Vampire Diaries st.6 ep 03.

Fan Fiction tvd st.6x03

Ricordo.
ALTROVE
“Fa male, fa dannatamente male!”. Si era svegliato ancora. Sentiva che, chiunque gli permettesse di estraniarsi e di sognare, doveva combattere con la sua necessità di non dimenticarla. Era come assetato, la mancanza di lei l’arsura che stava soffrendo, il suo viso l’unico refrigerio. Quando la sua mente vinceva quell’induzione onirica e i suoi occhi sovrapponevano a quelle false immagini tutti i sorrisi di lei, tutti i suoi abbracci ed i ti amo sussurrati durante quell’estate ormai troppo lontana, ecco che l’intero bugiardo momento che viveva si richiudeva sopra di lui. E si risvegliava. Le braccia tese in alto, sollevato da terra tra quattro pareti bianche, il corpo rigido e gli occhi diventavano completamente bianchi. Stava per ricominciare. Una lacrima gli solcava il volto.
“…Elena…”, invocava il suo nome alla fine ed al principio di quell’induzione.

POST MORTEM:GIORNO 210 NEW ORLEANS.
“Quanto è affidabile questo metodo?”, Stefan la osservava mentre apriva la bara di Kol.
“Capirai che non ho la certezza al cento percento…”, Davina posò una mano dove una volta era il cuore di Kol, l’altra su quello di Jeremy,
“Jeremy subisce la sua natura a causa di un incantesimo. Se lo spirito di Kol è ancora in natura questo può voler dire che è stato trattenuto da quella parte di incantesimo ancora in vita”
“Cioè io, il mio essere cacciatore”.
“Sì, e con lui gli spiriti di quanti hai ucciso grazie a questo tuo istinto”. Stefan lo guardava accigliarsi. Sapevano che la risposta che Davina stava per dargli poteva significare che Bonnie e Damon erano spariti nel nulla. Mentre Davina pronunciava l’incantesimo per smuovere un po’ di vento e far intendere loro di adoperarsi per aiutarli, non poteva fare a meno di sentirsi in colpa. Ripeteva a se stessa che Klaus andava eliminato, ma non aveva preso in considerazione le possibili implicazioni. Che le avessero raccontato la mitologia della famiglia originaria e di come migliaia di vampiri, forse esseri innocenti come lo sembrava Stefan, fossero stati generati dalla stessa, non poteva distrarla dal suo compito. L’ipnosi su Alaric era riuscita, gli aveva insegnato come dominare il suo istinto, ma era riuscita a fatica a convincere Elijah ed Hayley che quella fosse la verità. Erano terrorizzati da un possibile ritorno di Esther. Terminò quel falso incantesimo.
“Allora?”, Jeremy aveva guardato con repulsione il corpo di Kol per tutto il tempo. Davina si girava verso di loro.
“Mi dispiace, Jeremy. Non ho sentito nulla. Lo spirito di Kol è chiaramente andato perso con l’Other Side. I tuoi istinti sono rimasti probabilmente perché era destino che tu fossi così”.
“Destino?”, la voce di Stefan era poco più che un sussulto. Davina lo guardava abbassare il capo, nei suoi occhi un indicibile dolore, nelle sue parole durezza.
“Abbiamo aspettato qui sette mesi per nulla!”, Stefan aveva scaraventato la scrivania con i manuali di Davina verso la parete. Ora urlava. L’aveva presa per la gola. Alaric lo allontanava.
“Stefan! Stefan, calmati! E’ poco più di una bambina…”, si voltava guardandola con sospetto, “e non può aiutarci…”.
Jeremy si stava allontanando da casa di Camille, dove Davina si era rifugiata dopo gli avvenimenti dell’ultimo anno. Alaric lo seguiva, mentre Stefan si accasciava al suolo, piangendo. Aveva perso anche la speranza. Damon era sparito, dissolto nel nulla, come se non fosse mai esistito, non poteva credere che il suo spirito fosse andato perduto, che dopo il sacrificio fatto non meritasse se non la vita, perlomeno la pace. Se era vivo, lo doveva a suo fratello maggiore, e non era pronto a dirgli addio. Non era pronto ad ammettere di dover trascorrere un’esistenza eterna senza averlo al suo fianco. Era stato così anche nel 1864, non era pronto ad andare avanti senza suo fratello e l’aveva costretto a trasformarsi, ed ora quell’enorme parabola discendente che era stato il loro rapporto lo portava ad ammettere di nuovo a se stesso che non sapeva andare avanti senza Damon. Anche durante il suo periodo da squartatore, e dopo, con Lexi, sapeva di poter tornare a Damon se solo avesse voluto. Damon era quella persona, quel qualcosa che non lo faceva totalmente impazzire. Ora sì, ora sentiva il dolore del cuore strappatogli dal petto. Era solo. La persona per cui avrebbe dato la vita e che per lui aveva dato la vita era scomparsa, per sempre.
Klaus ed Elijah lo osservavano, impotente e preda dello sconforto. Klaus era accorso dopo aver visto la fuga di Jeremy.
“Stefan. Stefan, basta”.
“Voglio bere. Ho bisogno di bere. Devo bere!”, i suoi occhi si trasformavano mentre guardava Davina.
“Portala via di qui”. Klaus guardò Elijah allontanarsi velocemente con Davina.
“Tu non hai bisogno di bere. Hai bisogno di andare avanti”.
“Klaus! Potrei scoppiare proprio quui, ora! Quante volte mi hai chiesto di restare in questi mesi? Se restassi? Potrei essere di nuovo..Potrei!”, Klaus si era accovacciato davanti a lui e lo guardava, come ad un animale che aveva cresciuto e accudito.
“Io ho avuto una figlia”, Stefan lo fissava.
“E’..è impossibile! Cerchi di distrarmi! Non distrarmi!”.
“No. Cerco di spiegarti perché per quanto ti voglia al mio fianco, non posso permettere che tu lo scelga come via di fuga”, i suoi occhi erano addolorati. Raccontò a Stefan di Hope, di come avesse deciso di proteggerla, di come sperava di rivederla, di come in quell’attesa aveva deciso di essere un padre di cui lei sarebbe fiera. Cosa avrebbe pensato la sua bambina se avesse permesso al suo migliore amico di distruggersi, invece di onorare la memoria di suo fratello?
“Non fare quella faccia, fatico io stesso a sentirmi parlare in questo modo”; si era alzato porgendogli una mano per aiutarlo, Stefan si alzava mentre Klaus gli posava una mano sulla spalla.
“Mi è sempre piaciuto tuo fratello. Sfrontato, arrogante, fastidiosamente presuntuoso”.


MYSTIC FALL. PRESENTE.
L’ufficio del procuratore distrettuale era stato tirato a lucido per il nuovo arrivo. Liz non lo vedeva dai tempi del college e l’esperienza degli ultimi anni le suggeriva che ogni arrivo a Mystic Falls era sospetto. Far sparire dal Grill la Camaro di Damon ed i corpi carbonizzati fu la sola circostanza di cui potè occuparsi, prima che il consiglio cittadino le sospendesse parte dei poteri. Prima o dopo sarebbe accaduto, troppe morti, troppi incidenti, a chi ignorasse la seconda natura della città, era naturale pensare di attribuire la colpa alla cattiva gestione della sicurezza cittadina. Il Grill fu la goccia. Fu nominata una commissione esterna, presieduta da Aloisius Evans, spocchioso so-tutto-io che ai tempi del college organizzava la vita all’intero campus. La sua famiglia aveva lasciato Mystic Falls al suo diploma, lui sarebbe andato al college ed i genitori, ricchi quanto se non più dei Lokwood, organizzarono il trasferimento in una campagna londinese. Il vecchio patriarca della famiglia, Aloisius Evan sn, non avrebbe permesso al suo unico figlio di allontanarsi prima della sua morte, non con le sue ricchezze comunque. Il vecchio passò a miglior vita al quarto anno superiore di Aloisius, e la famiglia potè quindi organizzarsi la vita al meglio.
“Liz Forbes, ma che piacere dopo tutti questi anni!”, il suo sorriso forzato diede il benvenuto in un completo Armani.
“Aloisius Evans. Ne è passato di tempo”.
“Oh, chiamami Al. Che stretta di mano vigorosa, per una donna intendo”.
“Non misuro la forza da…”
“Oh, ti prego. Non cominciamo….”, sempre lo stesso atteggiamento. Non permetteva a nessuno di essere palesemente in disaccordo con lui.
“Come preferisci”, Liz si sedette sulla poltrona in pelle al di là della scrivania, quell’ufficio era enorme, alle pareti gli attestati di Aloisius, era l’enorme rappresentazione del suo ego.
“Dunque, parliamo di questi ultimi cinque anni a Mystic Falls…”, Liz tirò fiato.


WHITMORE COLLEGE. PRESENTE.
“Sembra la bella addormentata, mi hai chiamato per baciarla?”
“No! Non essere stupido! Ti ho chiamato perché lei dice di vederlo quando sogna!”, Caroline lo trascinò fuori.
“E…?”, iniziava a spazientirsi.
“Ed è folle! E’ fuori dalla realtà! Ed io non so come aiutarla ed ho bisogno che accetti tutto questo”.
“Forse non mi sono spiegato. E…?”
“Ahhhh! E tu sei stato rinchiuso, e torturato. Hanno mai usato qualche pozione o pasticca per indurti che so, un…”
“Vuoi drogarla?!”
“No,no!...Certo che no!..Forse! Vorrei calmare la sua angoscia!”, Enzo prese a ridere.
“Le passerà quando le passerà!”
“A te è passata!”, incrociò le braccia, guardandolo. Enzo se ne andò sbattendo la porta d’ingresso degli alloggi. Il cellulare la avvisava di un nuovo sms. Stefan sarebbe tornato l’indomani.


“Caro diario. È accaduto di nuovo. Un sogno ancora più strano del precedente. Credo che Lui voglia dirmi qualcosa, credo mi stia chiedendo di salvarlo, di portarlo via, ovunque sia finito. Gli ho lasciato il mio anello, quello dell’incendio. Aspetto di non trovarlo nel cassetto domattina. Caroline mi prenderebbe per pazza se provassi a spiegarle ancora cosa accade senza prove”.


ALTROVE.
Si preparava per le vacanze primaverili. Doveva fare i bagagli alla svelta, l’ultimo esame sostenuto quella mattina. Aprì il cassetto e vide l’anello. Si sentiva strano. La camera si richiudeva sopra di lui, i suoi occhi si fecero bianchi. Prese l’anello e lo mise in tasta. “Elena!”. Si tolse il suo e lo mise al posto dell’altro. Il dolore ricominciava.

 

“Di nuovo! Non cede i suoi ricordi! L’ha amata troppo, non abbandonerà quel sentimento…E come potrebbe?”, un pensiero corse a Jeremy.
“Devi parlare con lui. Tranquillizzarlo.” Annuì.
Il dolore cominciava, si consumava nel fuoco e restavano di lei solo le vesti bianche.

“Basta! Chiunque tu sia, io ti ucciderò per questo. Mi senti?!”.
Era tornato in sé, cercava di rigirarsi, ma la sua posizione sospesa era imposta, poteva solo girare di poco il capo per accorgersi che quella stanza aveva qualcosa di familiare. Sapeva di essere stato lì. E più quella sensazione s’acuiva, più la stanza prendeva dimensione, come se fosse la sua mente a vestirla.
“Damon”, la sentì chiaramente, nei suoi limitati movimenti si strattonò, ma non riusciva a vederla; vide però che non aveva più l’anello dei Salvatore al dito. Un pensiero corse a Stefan e di fronte a lui comparve una finestra, che dava verso il nulla, altro bianco.
“Damon”.
“Bonnie. Bonnie!”, la ragazza apparve dinanzi a lui.
“Fidati di me”, Damon guardò le sue vesti, bianche anch’esse, fece cenno di sì col capo. Gli occhi volti verso l’alto diventarono di nuovo bianchi.
“Elena…”, una lacrima solcava il volto.

La dama aveva riposto ordinatamente le sue vesti e attendeva. Si levò un fumo rossastro e con esso Bonnie tornò in quelle vesti.
“Sei stata brava”.
“Quando potrò restare con lui più a lungo?”
“Presto”
“Ha bisogno di capire”
“Capirà”
“Perché non vedo il tuo volto?”
“Perché capiresti, e non è ancora il tempo”.

 

 

POST MORTEM. GIORNO 0.
Le mancava il respiro e cominciava a sentire tutta la sua vecchia fragilità risalire dalle viscere in cui l’aveva confinata. Alaric la teneva per un braccio, Stefan teneva Caroline stretta tra le braccia, a pochi metri da loro il cartello di benvenuto a Mystic Falls, ce l’avevano fatta, erano fuori. Si liberò dalla stretta di Alaric,
“Lasciami! Devo tornare indietro! Devo!”
“Elena! Elena calmati! Non puoi rientrare, moriresti!”, e in un ultimo accenno di forza, mentre si divincolava dalle sue braccia, le riuscì di dire
“Non mi importa!”.
Stefan teneva ancora in braccio Caroline, era svenuta mentre correvano via da quella condanna a morte, e ricominciò a piangere, stringendola, pensando a Damon.
“Stefan…”, si era svegliata e gli carezzava la guancia, portando via le lacrime con quella carezza, stavolta no, stavolta il suo buon cuore e la sua allegria non possono nulla, era ciò che Stefan pensava, mentre lei, liberata dal suo abbraccio, lo stringeva.

 

POST MORTEM. GIORNO 7.

Elena era catatonica, immobile nel letto del dormitorio al Whitmore College. Suo fratello steso su un materasso a terra accanto al letto, le teneva la mano. Caroline, impotente, guardava la scena con Alaric.
“Troverai il modo Alaric, riuscirai a farli andare avanti”, così dicendo si allontanava. Stefan aveva soggiogato il rettore per iscriversi al Whitmore e due professoresse per nutrirsi di loro, era riuscita a malapena a fermarlo. Matt e Tyler gli avevano portato la Camaro di Damon e aveva passato quei primi giorni di lutto a contemplarla nel garage di villa Withmore. Gli aveva promesso di esserci, di non farlo crollare, intendeva mantenere quella promessa, ma sapeva di non essere abbastanza. Allo stesso tempo era turbata da quell’emozione che le prendeva quando lo guardava, da quand’era tornato dall’Other Side. Il suono del cellulare la rapì ai suoi pensieri.
“Sono qui fuori”. C’era un’altra parola che doveva mantenere, solo a pensarci rabbrividiva:


“Perché non la consegni ad Elena?”
“Tu vuoi che io dia alla mia ragazza una lettera d’addio per il mio amico dopo averle promesso di tornare dalla morte?! A quella stessa ragazza che ha dato di matto alla sola idea di questo piano?”.
Lo guardava e sbuffava, “Ok! Lo farò! Ma probabilmente lo vedrai una volta passato e potrai dirgli tu stesso qualunque cosa tu abbia scritto qui”.
“Già. Chissà”. Damon le tendeva la lettera, accigliandosi.
“Tu tornerai, ok? E farai meglio, perché Stefan ed Elena hanno bisogno di te”. Damon sorrise debolmente.


Ora andava incontro ad un ignaro Enzo, non sapeva come avrebbe reagito, cos’avrebbe detto o, peggio, fatto. Si incontrarono all’ingresso del campus.
“Tieni”,
“Una lettera d’amore? Sono qui, usa la tua bella voce”.
“Senti, non…non scherzare. E’ successo qualcosa ed è meglio che legga”.
Enzo aprì la lettera:
“Bene, siete riusciti a farmi pettinare da eroe. E’ Stefan lo scrittore in famiglia, perciò non aspettarti baci e abbracci alla fine di questo biglietto. Come nella peggior serie drammatica del peggior canale via cavo: se stai leggendo è perché qualcosa è andato storto ed uno solo di noi è tornato… Temo tu possa dare di matto e far del male a qualcuno e per qualcuno intendo Elena, mio fratello, il piccolo Gilbert e persino la spina nel fianco che ti ha consegnato questo biglietto. Voglio che ricordi il momento in cui hai spento la tua umanità e a che conseguenze ha portato. Voglio che tieni presente che ho mantenuto la mia parola, ti ho riportato indietro, non ti ho deluso. E tu non deludere me. Vivi, finalmente.
Damon.”
Stravoltosi nello sguardo, scaraventò la sua auto lontano.
“…Enzo…”, si girò. Lo vide piangere e allontanarsi nell’oscurità.

 

 

WHITMORE COLLEGE. PRESENTE.
Stefan si diresse spedito all’alloggio. Alaric era troppo impegnato a liberarsi dai paletti per rallentarlo. Jeremy era tornato a Mystic Falls, gli aveva lasciato in custodia la magione Salvatore, l’avrebbe rinchiusa lì. Trascinava con sé un piccolo sacco nero. Aveva passato l’ultimo mese a dar la caccia a quel bottino, cosa aveva detto su Elena riguardo i sentimenti cui aggrapparsi per non impazzire? Ah, sì, sperava fosse l’amore, magari l’amore per lui. Si fermò ed iniziò a ridere violentemente. Con rapidità riprese il suo cipiglio, gli occhi incattiviti. Ora capiva cosa intendesse Klaus sul non perdersi, ma al contempo non limitarsi e lui non si sarebbe limitato: che perfezione quella via di mezzo. Non avrebbe ucciso o squartato persone innocenti, solo i colpevoli; così Klaus non avrebbe voluto salvarlo e non si sarebbe sentito in colpa nei confronti di Hope. E qualcuno che non fosse l’insulso destino o quel bastardo dell’universo, doveva pagare. Qualcuno che avrebbe lasciato supplicare per divertimento. Persino Jeremy era d’accordo e che soddisfazione vederlo fermare Rick. Rick…come se non L’avesse perso anche lui, l’inutilità del voler fare la voce della ragione gli aveva fatto guadagnare un paletto che trapassatogli il cranio lo inchiodava ad una quercia secolare. Persino Lui, ne era sicuro, avrebbe riso di quella sottile ironia. Fece irruzione nell’appartamento. Poté vedere che il letto di Bonnie era ancora lì. Caroline si alzò dalla scrivania per andargli incontro, prima con passo certo, poi, avendolo visto in volto, lentamente. Elena scriveva il suo diario e posò gli occhi da Stefan al sacchetto.
“Cos’è?”, Caroline temeva la risposta, in cuor suo sapeva che l’avrebbe fatto. Stefan la ignorò, andò verso Elena che nel mentre aveva lasciato carta e penna e lo guardava. Stefan rovesciò il contenuto del sacchetto. La testa di Luke rotolò verso i piedi di Elena.

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