Fan fiction the vampire diaries st.6 ep.7
Annebbiati
WHITMORE COLLEGE
Elena e Caroline si interrogavano, ancora frastornate da quell’assurdo svenimento. La miccia nel cuore di Elena si riaccese al soffio di quella speranza: aveva visto Damon, Caroline era riuscita addirittura a parlargli, ma tutto sembrava assurdo, non riuscivano a capire le modalità di quel transfert, si trattava di magia e questo era ovvio, ma non avevano nessuno con cui parlarne, nessuno tranne Liv.
“Dobbiamo interrogarla”, stava bevendo una sacca di sangue, ne aveva offerta un’altra a Caroline,
“Cosa ti fa pensare che parlerà? Specie ora che Jeremy la sta torturando”, abbassò lo sguardo nel parlare di Jeremy, non voleva che Elena sentisse il peso di qualche mancanza nei suoi confronti, mancanza che ovviamente non aveva. Era da molto tempo, dal giorno della scomparsa di Bonnie e Damon che non vedeva più in Jeremy il ragazzino problematico o il cacciatore di vampiri. Era cresciuto, di colpo, come se la perdita dei genitori e di tutta la sua famiglia non fosse stata abbastanza, aveva detto addio per la seconda volta alla ragazza che amava. Non poteva vivere con sua sorella, aveva affrontato New Orleans e Caroline sperava ardentemente che, perlomeno Elena, smettesse di vederlo come un ragazzino. Aveva dimostrato di saper badare a se stesso e di poter essere un sostegno per Elena, e quest’ultima aveva bisogno di lasciare andare qualche peso, la sua coscienza rischiava di schiacciarsi sotto false auto-accuse. Quante volte in quegli otto mesi aveva cercato di convincerla che non era sua la colpa di quella situazione? Si era persino paragonata a Katherine, lo ricordava benissimo:
“Lei non ha avuto la presunzione o l’ipocrisia di negare la sua natura! Io ho preteso di sapere cosa fosse meglio per gli altri, persino per te! Dovrei morire io, dovrei raggiungerlo, anche Jeremy se n’è andato!”. Dovette imbottirla di tranquillanti e ora che la vedeva uscire da quello stata di apatia temeva per lei, temeva che tutto quel dolore sarebbe tornato a soffocarla se quelle visione si sarebbero rivelate fasulle. Temeva che fossero indotte dalla congrega di Liv, ma non ne aveva fatto parola con nessuno.
“Parlerà Caroline, ha un debito nei nostri confronti”,
“Stefan ha ucciso suo fratello Elena. Qualunque debito avesse, lo considererà saldato”
“Allora le parlerò ok? Forse lei non è come suo fratello, forse è stanca anche lei del peso di tutto questo, forse….Non lo so, io devo tentare. Devo!”. Guardava Caroline sapendo perfettamente a cosa pensasse, non c’era bisogno di parlare di quei lunghi mesi di agonia, ma non poteva farne a meno, doveva sperare.
“Elena, dobbiamo ricostruire i fatti”, Caroline armata di penna, aspettava che le si sedesse accanto per iniziare a scrivere. Aveva il suo sorriso radioso, quello da arcobaleni ed unicorni ed Elena capì che anche lei aveva deciso di sperare, se non per se stessa o per Bonnie o per Damon, lo faceva per lei. Iniziarono a scrivere.
“Dunque sei svenuta sputando acqua”,
“Si, la mia morte umana”,
“Io la prima volta sono svenuta sentendomi soffocare, mentre ora è bastato toccarti”,
“E quando ti sei risvegliata la prima volta avevi fame..”,
“Come te ora…”,
“La sensazione era come di rivivere la trasformazione. Caroline dobbiamo capire perché Damon è bloccato lì, non mi importa di questo, di come arriviamo da lui, dobbiamo, devo, riuscire ad andare lì!”, si era alzata e si agitava, camminando convulsamente avanti ed indietro.
“Cerca di calmarti, ammesso che Liv decida di aiutarci, queste informazioni le saranno utili, lo sai anche tu.”
“Tu non vuoi trovarlo, non ti è mai importato!”
“Elena, ma che dici?”, Caroline si era alzata perché Elena mostrava i segni di vampirismo sul viso,
“Elena devi controllare la rabbia ok?”
“Tu ti controllavi quando mi suggerivi di scegliere Stefan?! Quando descrivevi Damon come il diavolo?!”, le aveva preso la gola,
“E-Ele-na, lasciami…mi fai male…”, Elena continuava a stringere, impotente nei confronti di quel sentimento, Caroline sentiva l’aria venirle meno, e ricordando la sua morte umana aveva iniziato un altro transfert. Elena aveva lasciato la presa, spaventata e inorridita per ciò che aveva fatto, ma sentiva ancora l’angoscia morderle le viscere e l’istinto a strappare il cuore a Caroline. Era qualcosa di profondo a muoverla, sebbene tutto di lei le diceva che quella a terra era la sua amica. Riuscì a scappare dall’alloggio lasciando Caroline vivere il transfert.
RICHMOND
Madame era nella mansarda, aveva dato ordine che la sala e l’ingresso venissero riassestati, che nulla di quanto accaduto le venisse riportato alla mente se avesse trovato qualcosa fuori posto. Guardava i corpi delle undici ragazze,
“Portatele via di qui, discretamente”, aveva dato l’ordine al personale di casa, streghe e stregoni profumatamente pagati per rimanere fedeli a lei e alla congrega stessa. Non aveva mosso un dito, quelle fecce, perché non erano disposti a morire come quelle giovani streghe. Li aveva reclutati fra la peggiore feccia dotata del dono, avanzi di galera o farabutti e sgualdrine furbi abbastanza da non farsi prendere. Era una comodità averli intorno, avrebbero fatto sempre il lavoro sporco al suo posto, se non ci rischiavano la pelle, e questo la proteggeva agli occhi della società. Aveva anche imbastito una storiella per darsi prestigio visti i loro modi ed i loro aspetti: il personale di servizio di casa Parker era da sempre reclutato tra gli ex – galeotti in cerca di riscatto sociale, senzatetto, ex – tossicodipendenti. Gestendo una fondazione no – profit, sede di copertura alla congrega, riusciva a raccogliere abbastanza denaro per comprare il silenzio di quella feccia criminale e per assicurarsi l’uso dei loro poteri al suo servizio. La sua comunità di streghe, nella quale s’era fatta spazio a gomitate, la congrega, sopravviveva sul terrore imposto alle famiglie che ne facevano parte.
Quand’ebbero portato via gli ultimi corpi lanciò un incantesimo nella stanza, alla ricerca di una traccia estranea. Un rumore, simile ad una musica agrodolce, proveniva dal posto che aveva riservato a Jamila, a terra, vicino alla seduta, un pezzo di merletto strappato, ingiallito dal tempo. Le ci volle poco per riconoscerlo,
“Aurora. Finalmente! E’ la resa dei conti.”.
WHITMORE COLLEGE. NEI PRESSI DI VILLA WHITMORE
Stava raggiungendo Elena e Caroline all’alloggio. Entrambe ignoravano le sue telefonate e l’ora dell’incontro con Jeremy si avvicinava. L’aveva vista nei dintorni di villa Whitmore, residenza di Stefan grazie al soggiogamento, sdraiata in terra che si teneva l’addome e piangeva a dirotto:
“Ehilà, bambolina questa è proprio una crisi isterica. Le crisi isteriche di voi donne moderne sono diverse da quelle che ricordo io. Negli anni ’50 una donna si chiudeva in bagno e quando usciva aveva il grembiule sporco di mascara per essersi asciugata le lacrime, diceva “si sto bene”, si chiudeva in un mutismo per tipo quattro o cinque giorni, poi tornava tutto normale….Ora invece vi sdraiate nei prati”. Elena sentì la collera crescere, cercò di attaccarlo, ma Enzo la fermò,
“Questa reazione è decisamente meglio. Forse non sei depressa, ma re-pressa. Esprimi così la tensione sessuale? A me va anche bene, ma che direbbe Damon?!”, la lasciò andare. Non perché era nel giusto e le sue parole avessero colto il segno. Damon, doveva pensare a Damon. Le bastava pensare a Damon e la rabbia veniva spenta da un sentimento più profondo, più puro. Gli spiegò cos’era successo con Caroline,
“A volte è irritante. Anche io ho questo tipo di reazione con gli amici più cari”,
“Non è il caso di fare dell’ironia…mio Dio, avrei potuto ucciderla!”,
“Ma ti sei fermata in tempo giusto? Io non vedo il problema. Le ragazze umane si tirano i capelli o si danno qualche unghiata, voi avete avuto uno scontro più…fisico…se dovesse risuccedere chiamami”, così dicendo tirò fuori dalla tasca un dollaro, e glielo porse tenendolo tra l’indice ed il medio della mano sinistra.
“Non dirlo ad Alaric, o a Stefan… devo parlarne con Caroline…”,
“Cerca di calmarti o ricominceremo con la lotta greco – romana. E poi parlare con Alaric o Stefan? Non mi interessano i tuoi problemi”,
“Come puoi dire questo?! Sei qui, e sei qui per Damon, per quello che ti ha scritto giusto?! Cosa ti ha chiesto di fare?!”, Caroline aveva vuotato il sacco.
“Questi non sono proprio affari tuoi! Vieni o no?! Stiamo facendo aspettare tuo fratello!”.
FUORI MYSTIC FALLS. NOTTE.
Jeremy teneva Liv legata come un animale, una corda le stringeva il collo e lui la portava a braccio, come fosse un animale ferito atrocemente. Alaric e Stefan si guardarono, Enzo si pose dinanzi ad Elena senza riuscire a proferire parola. Aveva visto la rabbia montare sul suo viso, se fosse scattata verso Jeremy si sarebbe condannata a morte, naturalmente o per mano di suo fratello.
“Jeremy cosa stai facendo?”, Stefan aveva notato il gesto di protezione di Enzo e si sentì libero da quella zavorra: non sapeva come muoversi, la situazione esigeva che lui fosse per lei un fratello o cos’altro? Condividere certi gesti era per lui un sollievo. Odiava se stesso per come stava posizionando Elena tra i problemi al momento, ma aveva visto Jeremy a New Orleans, sapeva di cos’era capace.
“Non è evidente? Voi vampiri avete decenni per sviluppare una vendetta degna di questo nome, come ha fatto Damon con i Whitmore. Sto pensando di fare la stessa cosa. E comunque non preoccuparti, le ho fatto di peggio”, la guardava con disgusto, “ho usato le scorte di sangue di vampiro che ho prelevato ad Alaric dopo averlo impalettato e dopo averti rotto il collo”,
“Rotto il collo? Impalettato? Jeremy di cosa stai parlando?!”, Elena aveva scansato Enzo ed erano ora faccia a faccia. Stefan non le aveva acennato nulla sulle modalità del rapimento di Liv, sapeva che Rick non era d’accordo e null’altro.
“Sto parlando del fatto che Stefan era un po’ restio a portarla con noi, così gli ho dato una spinta per decidersi a venire con me. Trovandosi di fronte Luke, è stato tutto molto più semplice”, Elena, con lo sguardo sconvolto da tanta ferocia, si era voltata a guardare Stefan che teneva lo sguardo di Jeremy,
“E non ne sono pentito, per nulla. Meritava di morire e lo meriterebbe anche lei, ma ci serve viva ed in grado di praticare la magia”. Liv aveva le braccia rotte incrociate sul seno.
“Bel lavoro, ma santo Stefan – per una volta ho seguito l’istinto, ha ragione, ci serve via”, Enzo era tornato a frapporsi tra Jeremy ed Elena. Rick, che dapprima non aveva dato peso a quel gesto, pensandolo istintivo, guardava ora il viso di Elena, e la rabbia che mostrava.
“Si è lasciata sfuggire che senza l’imposizione delle mani la sua magia può ben poco. Quindi, metaforicamente, le ho spezzato le bacchette”,
“Questo non è da te”, Alaric lo guardava con affetto,
“Anche perdere più persone di quanto possa ricordare non è da me! Anche che Caroline abbia soggiogato gli insegnanti ed il preside per farmi avere il diploma non è da me! Aver affrontato Silas, non era da me! Minacciare Klaus non era da me! Morire non era da me! Vedere Bonnie lasciarmi due volte non era da me! Non aver più Damon non è da me! Eppure sono qui, che raccolgo l’unica soddisfazione che mi resta, dopo essere stato per voi poco più che un peso, o un oggetto, una mappa! E ancora provate a dirmi cosa fare, ancora provate a inculcarmi qualcosa a forza nel cervello!!”, così dicendo aveva alzato la pistola contro Enzo,
“Tu..che utilità hai tu per noi?! Cosa sei tu per me?! Finora è stato sempre qualcos’altro o qualcun altro a scegliere chi mandare all’inferno! E se lo facessi io per una volta tanto?!”. Enzo non si scompose, avanzò fino a che il confine di Mystic falls glielo consentì. Diede uno sguardo veloce a Liv che, carponi, a fatica alzò lo sguardo verso il suo.
“Adesso basta”, la pistola di Jeremy gli toccava il giubbotto.
“Questa ragazza è una merce di scambio per riavere Bonnie e Damon, la stai riducendo a brandelli solo per nascondere le tue debolezze”,
“Stà zitto!”,
“E cos’ho da perdere a tacere io? Sei stato tu a dirlo, giusto? Li rivuoi indietro? Dobbiamo curare Liv, dobbiamo liberare Mystic Falls da questa maledizione, poi potrai imprecare quanto vorrai, ma ora la scelta è solo tua. Nessuno ti impone nulla, né tua sorella, né il tuo patrigno, né Stefan, io neppure esisto per te. La scelta è tua. Puoi continuare e domandarti fino al giorno della tua morte se hai condannato quello che resta della tua famiglia alla disperazione o puoi collaborare e cercare di riavere la tua ragazza”, così dicendo gli porse la mano per farsi consegnare la pistola. Jeremy indietreggia all’interno di Mystic Falls.
“Stefan”, Elena gli si era avvicinata,
“Io devo rimanere qui, ma qualcuno dovrebbe stare con Caroline al momento”,
“Cos’è successo?”
WHITMORE COLLEGE
Credere che Elena avesse avuto quell’esplosione di rabbia non era facile. Corse più veloce che poteva per raggiungere il campus. Caroline si era risvegliata e sdraiata a letto, stava piangendo silenziosamente. Aveva visto la porta aprirsi e si aspettava fosse Elena, vedere Stefan fu per lei di conforto, ma la sensazione durò poco al pensiero di cos’era successo l’ultima volta che si erano visti.
“Elena mi ha detto cosa ti ha fatto”,
“Non la riconoscevo”. Non alzava il viso per non incrociarne lo sguardo, teneva stretto al seno il peluche che lui aveva preso la volta precedente. Stefan le si sdraiò accanto, abbracciandola e carezzandole i capelli, mentre ricominciava a piangere,
“Va tutto bene, sono qui, va tutto bene”,
“Io l’ho rivisto”,
“Sì, Elena mi ha detto che stavi avendo un transfert quando ti ha lasciata, mi ha raccontato che avete visto Damon… se non vuoi parlarne ora..”, l’espressione di Caroline, così dolorosamente triste, l’aveva fatto pentire di aver spostato l’attenzione così velocemente altrove.
“No, io, io ce la faccio…”, così dicendo alzò lo sguardo verso Stefan che continuando a stringerla, la portò un poco più su.
“Ero in questa stanza, in questa del whitmore, ma era differente, credo fosse quella che Damon guarda dalla finestra. Non c’era nessuno, così sono uscita fuori ed il campus era deserto, c’era un’enorme distesa di bianco, la tua moto fuori l’alloggio e nient’altro, mi sono voltata per tornare dentro, ma l’ingresso era sparito. Era tutto un enorme spazio bianco, poi mi sono svegliata”, Stefan aveva corrugato la fronte.
“Che c’è?”, Caroline riconosceva nel suo viso più espressioni, taceva qualcosa che temeva di dirle.
“Nulla”,
“Stefan…”, il suo sguardo di ammonimento lo divertiva sempre, cercava di essere risoluta o severa, per lui quell’espressione era buffamente dolce
“Posso chiederti una cosa?”,
“Certo”,
“La prossima volta che lo vedrai riferiscigli un messaggio: io lo tirerò fuori di lì, ovunque sia finito. Non importa quanto tempo ci vorrà, o cosa dovrò fare”, Caroline aveva annuito e, stretta nell’abbraccio di Stefan, chiudevano gli occhi su quella notte di domande, di dolori e di speranze.
ALTROVE
“Che posto è questo, Damon?”,
“Se ti stupisce questa stanza, guarda qui”, Damon le aveva indicato la finestra che dava sulla sua ipotetica vita,
“Oh. Mio. Dio! Per caso abbiamo…?!”
“No!”, l’espressione di disappunto sul viso di Damon all’ipotesi di una loro relazione amorosa era pari all’espressione di sorpresa di Caroline nello scoprirsi amica e confidente, l’unica probabilmente, della quasi – vita di Damon,
“Ok, dobbiamo cercare di capire dove siamo, e poi andremo a cercare Bonnie! Cosa c’è fuori da questa stanza?”,
Damon la invitava, con un sorriso sornione, a provare ad uscire. Caroline si avvicina alla porta con un’espressione di interrogazione in viso. Presa la maniglia viene scaraventata verso la parete,
“Adesso può diventare persino divertente”.
“Sei un…”, era scomparsa. Si stava svegliando.
FUORI MYSTIC FALLS.
“Perché indietreggi? Non potrei comunque entrare”,
“Lo so”,
“E allora?”, Jeremy guardava in terra.
“Jer….?”, Elena cercava di richiamare la sua attenzione, Jeremy la guardava, affranto.
“Se ve la consegno…niente più sotterfugi, basta considerarmi un ragazzino..”, Elena annuì tra le lacrime.
Jeremy, uscito da Mystic Falls per abbracciarla, consegnava un’esausta Liv ad Enzo.
VIRGINIA. ON THE ROAD
Jamela spulciava tra i cd: dai Rolling stone ai Nickelback, dagli Aerosmith ai Queen. La ragazza la guardava sorridendo, mentre guidava,
“Ti piace questa musica?”
“Sono più il tipo da James Blunt”,
“Non avevo dubbi”, un sorriso di tenerezza le si disegnava in viso, aveva dei lunghi capelli castani, una cascata di boccoli ed occhi scuri, di contrasto con la sua carnagione diafana.
“Non c’è nessuno a cui vorresti telefonare per dire che sei al sicuro?”,
“…e lo sono?”,
“Se fossi rimasta in quella casa no, con me, si”,
“Non so neppure il tuo nome?”,
“Ti piace Shakespeare?”
“Come?”
“Cos’è dopotutto un nome?...”.
RICHMOND, RESIDENZA JOHNET
Il telefono fece solo uno squillo, Peyton aveva visto la foto in allegato al numero e le rispose immediatamente, Jamila le sembrava tranquilla.
“Ragazzi…”, Matt e Tyler erano alla playstation, avevano convenuto di mantenere un profilo basso, per convincere Adam di non essere una minaccia alla sua leadership. Li aveva pregati di restare e di usufruire di tutti i conforti che la villa poteva offrire loro. Al richiamo di Peyton si voltarono simultaneamente,
“Jamila…”, Tyler scattò in piedi, Peyton lesse l’apprensione sul suo volto,
“Sta bene…Mi ha detto di essere salvata da una ragazza che la sta portando…”,
“Dove?”, Matt aveva un presentimento.
“A Mystic Falls”,
“Perché non mi stupisce?”, posò con poca grazia il joystick, portando le mani unite al mente e aspettando la decisione di Tyler.
SANEVILLE TOWN. 15 KM DAL WHITMORE COLLEGE
Enzo aveva detto loro di seguirli, si era sistemato bene, non troppo lontano dal campus. Era un modesto appartamento al terzo piano di una costruzione moderna,
“Chi ha soggiogato per liberartelo?”, Alaric portava Liv in braccio, Elena li seguiva con Jeremy,
“Soggiogato?”,
“Bene, si sentiva la mancanza di omicidi per noia”,
“Ehy io vi ho trovato un posto dove stare, no?! E poi il tizio non mancherà a nessuno”, fece tintinnare le chiavi ad altezza del viso di Alaric.
“Non è questo il momento di discutere”, si voltarono a guardarla, “Apri la porta, prima che qualcuno ci veda”,
“Sono le undici, è un mortorio. Chi vuoi che ci veda…”,
“Enzo! Per favore…!”.
Una volta dentro Alaric accomodò Liv sul divano ed Elena la coprì con uno scialle. Il suo viso era sofferente, ma Jeremy non permetteva ancora di curarla con il sangue di vampiro.
WHITMORE COLLEGE
Si era risvegliata cercando di riempire i polmoni d’aria, Stefan accanto a lei, le teneva il viso tra le mani, le mani di lei a stringersi su quelle di lui,
“Mi dispiace, non sono riuscita a dirgli…che lo salverai, non ho avuto…tempo”,
“Non sforzarti, prendi fiato…”
“Si…”. Il colpo alla porta li fece sussultare, si alzarono e Caroline aprì.
“Brandon! Che ci fai qui?”, l’aveva conosciuto al corso di psicologia e le era stato d’aiuto passandole le lezione nel periodo post lutto,
“Non ti ho vista a lezione, così ti ho portato gli appunti e..oh, non sei sola…”, aveva visto Stefan , ancora seduto sul letto di Caroline.
“No, lui è…è solo un amico, si”. Il tono, l’espressione ed il tenore di quelle parole fecero stringere le labbra di Stefan in una smorfia di fastidio, non sapeva spiegarsi il motivo, ma provava come un pizzicore, un fastidio, un’irritazione nel vedere Brandon.
“Usciamo, vuoi?”, Caroline si era richiusa la porta alle spalle, al sentiva parlare e poteva immaginarla sorridere, l’impulso vinse ed aprì la porta, ponendosi tra i due,
“Non vorrei sembrarti villano, Brandon giusto? Sono Stefan”, si strinsero la mano, “..ma noi stavamo scrivendo un saggio, per cui…”
“Si, infatti…Ci metto un momento, Stefan…”,
“La consegna è per domani”,
“Ho capito, non volevo disturbare il vostro studio. Se hai bisogno di altro fammi sapere e grazie per le lezioni di biologia”, Brandon la salutò velocemente, mentre Caroline, contrariata e perplessa, rientrava in camera seguita da Stefan.
“Non guardarmi così…e se il transfert fosse partito davanti a lui, cos’avresti fatto?”,
“Avresti potuto soggiogarlo tu…! Andiamo Stefan, quello che hai fatto è stato..sgarbato, Brandon mi ha aiutata molto in questi mesi, è un buon compagno di studio e…”
“E c’era quando non c’ero io”, la stava fissando.
“Non volevo dire questo….”
“No, no, va bene. Io lo capisco.”
“Non hai fatto nulla di strano ok? Poteva andare e dovevi, per tuo fratello”.
Ripresero il discorso interrotto da Brandon. Caroline spiega a Stefan che il primo transfert le era stato indotto da questa donna che dubita voglia farsi vedere di nuovo in giro.
“Caroline questo è un altro motivo per cui devi prestare attenzione qui e fuori di qui. Se ti avvicinasse di nuovo? Non credo sia una buona idea frequentare qualcuno al momento”,
“Brandon è solo un compagno di studi, te l’ho detto. La mia vita sentimentale è…inesistente e sinceramente non cerco il romanticismo, o la favola, e non aspetto più il principe azzurro. Ho sofferto abbastanza”. Si fissavano in silenzio. Seduti alle poltroncine vicino al fuoco del camino.
“Caroline, so che probabilmente vuoi far finta che non sia successo, ma…dobbiamo parlarne”, non poteva offendere la sua intelligenza negando di capire a cosa si riferisse, perciò si limitò a
“Sì, ok. Parliamone.”Stefan poggiò le braccia sui gomiti, abbassando la schiena e avvicinandosi a lei,
“Ci siamo baciati”,
“No..no…è tutto troppo strano…io non posso”, si alzò di fretta prendendo il giubbotto e le chiavi dell’auto, intenzionata a guidare fino in capo al mondo pur di evitare quel suo sguardo. Ai suoi movimenti Stefan rispose spinto da qualcosa di irragionevole, l’aveva trattenuta per un braccio, facendola voltare e baciandola, premendo forte le labbra sulle sue.
Liberata da quell’abbraccio, Caroline, più lentamente di quanto avesse voluto, stava guadagnando l’uscita. Ridestato dal chiudersi della porta, Stefan, come riportato alla realtà, parlando più a se stesso che a Caroline ormai assente: “ Non era troppo strano…”
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