Fan fiction the vampire diaries st.6 ep.6
Tutto l’amore di una madre.
RICHMOND
Tyler e Matt ne avevano discusso fino all’alba, avrebbero accettato l’invito di Adam. Peyton aveva rassicurato loro: avrebbe cercato Jamila al suo appartamento e se non fosse stata lì, sarebbe tornata indietro, non l’avrebbe cercata a villa Parker. Adam aveva citofonato dall’esterno della villa al maggiordomo di famiglia. Matt si guardava intorno con incredulità maggiore anche di quella che provava da quando viveva a casa Lookwood: un piccolo viale adiacente l’ingresso conduceva ai campi da tennis, sulla destra invece c’era una discesa ad un piccolo lago artificiale che il padre di Adam aveva voluto installare alla nascita della figlia. Una targa commemorativa sui loro genitori accoglieva ospiti e visitatori sul grande giardino adiacente il laghetto, vi era, infine, una piccola serra, dove la madre coltivava diverse specie floreali, Peyton vi lasciò lo sguardo, nostalgico, mentre entravano in casa.
“Allora?! Non è stupenda, amico?”, Adam allargava le braccia forzute in segno di appartenenza, la sua arroganza e la ritrosia di sua sorella innervosivano Matt oltre ogni dire.
“E’ una casa stupenda, non c’è che dire”,
“Potete fermarvi per il tempo necessario, sicuramente fino alla prossima luna piena, per quella data sai che io e Peyton dovremmo tornare”,
“Lei non deve necessariamente seguirti! Perché non la lasci qui?”, aveva aperto la bocca senza dosare il tono di quelle parole, Adam gli sorrise, di un sorriso che non coinvolgeva gli occhi, si diresse all’angolo bar, una volgare riproduzione di un bancone di Tijuana che aveva installato dopo la morte del padre. Seymour Johnet era stato un noto architetto, sua la mano che aveva progettato le ville più imponenti ed importanti di Richmond, aveva osteggiato quel proposito con tutto se stesso, “Adam è deturpante per la struttura della sala”.
“Il posto di mia sorella è con la famiglia. Il branco è la famiglia. IO sono il branco!”,
“Matt…”, il cenno del capo di Tyler in segno di negazione fu solo appena pronunciato, bastò per zittirlo. Si sentiva un estraneo, non solo per la scarsa conoscenza con quelle persone, o con le loro abitudini, trovava che quel mondo di regole speciali e selettive che per sua natura lo tagliavano fuori, potevano considerarsi una ferita inferta su ogni manifestazione di buon senso, ma doveva ricordarsi perchè erano lì, cosa dovessero recuperare: la tranquillità di Tyelr, la possibilità di tornare a casa, l’aiuto di Jamila per lui e per gli altri epr tornare a Mystic Falls.
Adam si congedò da loro dopo una raccomandazione fatta a sua sorella minore che suonava più come una minaccia, sapeva dove potevano e dove non potevano andare, così le aveva detto. Peyton li condusse alle loro stanze,
“Pensavo l’’avremmo condivisa”, Matt era sulla soglia di un’enorme camera, con balcone e bagno privati, che affacciava sul laghetto artificiale.
“Le camere non ci mancano Matt”, la malinconia di quelle parole diceva per lui molto più di quanto Peyton volesse lasciargli intendere.
“Bene, sistematevi pure, io andrò a fare quel giro ora, se avrò novità vi chiamerò”,
“Peyton non una mossa azzardata. Abbiamo conosciuto dei Parker recentemente, e sembra altamente improbabile si tratti di omonimia…”,
“Rispetterò i patti, voi curiosate in giro nel frattempo, godetevi la villa, non lo fa quasi più nessuno ormai”,
“Non ci giurerei, il giardiniere non semrbava felice di vedere tuo fratello”, Peyton gli rivolse un timido sorriso. Matt disfaceva il borsone quando Peyton passò dinanzi la sua camera,
“Ehy, aspetta”, con slancio le andò incontro, mentre lei arrestava il passo,
“Fa attenzione, ok?”
“Non hai nulla di cui preoccuparti, anche volendo non sarei la benvenuta a villa Parker, se sospettassero che cerco Jamila lì mi rispedirebbero al mittente immediatamente”,
“Tu sta attenta comunque”. Non accettava il comportamento che Adam aveva verso di lei, se lui avesse ancora Vicky….
FUORI MYSTIC FALLS
Il cartello di benvenuto in città sembrava guardarli sbeffeggiandoli, Enzo con le braccia al sen conserte lo guardava corrucciandosi,
“Non posso crederci, riesci a stare zitto per più di due minuti”, Alaric lo aveva implorato di tacere da quando avevano lasciato Richmond,
“Parlare era un modo per evitare che lo facessi tu, tra i due preferisco ascoltare me stesso, inoltre tra poco sua lagnosità sarà qui e mi serve un momento di raccoglimento, sai, per non spezzarle il collo”,
“Non serve sai, essere sempre così stronzo, vi ho visti dall’altro lato, so cosa avete passato tu e Damon, dovrai abbassare la guardia prima o poi”,
“L’ultima volta che ricordo di averlo fatto il mio corpo è diventato un sushi bar d’asporto”, Alaric gli si era fatto accanto, percepiva la sua difficoltà, al tempo stesso però gli avrebbe spezzato il collo,
“Sai se vogliamo riuscire un minimo ad andare d’accordo, o quantomeno a parlarci senza paletti di legno di mezzo…”
“Vogliamo?!”
“Ho detto se, vorrei chiarire una cosa: quei ragazzi sono importanti per me, Elena e Jeremy sono la mia famiglia e anche Damon lo era, ora non so per quale motivo si sia fidato di te, io non lo farò, non permetterò ai miei ragazzi di farlo, è stato sconsiderato pressare Damon per ottenere ciò che volevi e semmai riusciremo a riportarlo indietro voglio che tu ricordi queste parole: lui non è più quello che ricordavi, è un uomo diverso ora, un uom…”
“Ho capito è un uomo diverso, con una vita diversa, con una morale diversa. Dove l’ha portato la sua morale?! No, non è finito chissà dove a causa mia! La sua motivazione è stato Stefan, io ero già fuori da ogni suo pensiero e può darsi che vi sto aiutando per avere il piacere di rispedirlo personalmente all’altro mondo proprio per questo! Tu piuttosto inutilmente ti laverai quella coscienza! Sei passato prima di lui dall’other side perché ha scelto di rimandarti indietro! Di rimandarti da chi poi eh?! Da dei figli che non sono neanche figli tuoi?! Lui aveva una vita e ha fatto passare prima te! Hai più responsabilità di me, amico!”. Non la sentirono arrivare presi dalla discussione, Elena li guardava, incredula alle parole di Enzo. Alaric non le aveva detto, e lei non aveva in realtà chiesto, come andò quel giorno, non voleva recriminare nulla, era per difendere quella famiglia che ora gli veniva restituita, che lui era morto, come poteva fargli una colpa di essere tornato?!
“Stai bene?”, la domanda provenne da Enzo, il che rendeva il quadro di pensieri e sensazioni ancora più picassiano.
“Starò bene. Io si, starò bene. Ci sono delle novità, novità grosse”.
“Siamo tutti dei novelli Mercurio, a quanto pare”.
“Che vuoi dire?”. Si parlarono.
“Se è come dite dobbiamo parlare con Liv, immediatamente! Se è collegata a questa Madame, l’averla rapita non è stata una mossa proprio furba!”, i due annuirono.
Si sentiva nervosa, agitata, viva. Erano passati nove mesi, nove lunghi mesi di apatia, poteva reggere il confronto con quell’esplosione di sentimenti, qualunque essi fossero? Rivoleva la casa dove erano stati felici insieme, dove l’estate precedente aveva sentito tuonare forte il loro amore, voleva preparare il suo ritorno, voleva, più di ogni altra cosa, lacerare le pareti di spazio tempo e luogo, prenderlo per mano e ricondurlo alle loro vite, voleva unirsi anima e corpo al suo pensiero al suo odore, voleva lui, disperatamente, totalmente, dannatamente, eternamente…
RICHMOND
Il tavolo da pranzo era lungo più di sei metri, durante i ricevimenti ristretti aveva ospitato le personalità più influenti della regione, politici, finanziatori, industriali. Le due commensali erano state fatte accomodare ad una distanza minima. Vestite, adornate e profumate come solo in casa Kennedy avrebbero saputo fare. La portata principale fu di costolette d’agnello con contorno di verdure. Non temeva le si sbavasse il rossetto perché fin dalla preadolescenza sua madre le aveva procurato un’insegnante di bon ton, schiena retta perfettamente dalla seggiola, tovagliolo sulle gambe si cui usava solo il bordo.
“Non mangi mia cara?”, stava contraddicendo una delle regole di sua madre, mai rivolgere la parola a chi non avesse terminato la sua portata, ma non poteva assolutamente farne a meno, quella ragazzina le inaspriva i sensi, tanto che s’accorse di aver ceduto alla tensione e di aver riposato il calice sul tavolo con troppa fermezza e decisione.
“No, Madame, il rapimento in generale inibisce il mio appetito”. Jamila la guardava, sfidandola. Sapeva che l’avrebbe tenuta in vita, le serviva un membro della famiglia per localizzare Liv e Luke e disgraziatamente, sebbene non sapessero come, nelle loro vene scorreva lo stesso sangue.
“Quando potrò togliere la rosa dai capelli?”, una rosa gialla le chiudeva un semiraccolto, Madame l’aveva poggiata sui suoi folti capelli rossicci e quella si era arrampicata su di loro come a trarne vita.
“Il punto non è quando mia cara, ma è come. Ti consiglio di non fare da sola, la rosa tende a difendersi, si ritirerebbe fino a conficcarsi nel tuo cranio e mi dispiacerebbe molto perderti, nonostante tutto ti stai rivelando una compagnia interessante dopo tutto”.
Lo scoppio fu improvviso e violento, nella stanza il fumo.
Irruppe nel salone e lanciando un sorrisetto compiaciuto a Madame, verso la sua sinistra, attraversò la lunghezza del tavolo, dirigendosi verso Jamilia.
“Stile inglese, coloniale? Bah non importa, mi piace come hai sistemato, dopotutto”, rivolgendo quelle parole a Madame, strappò la rosa gialla dai capelli di Jamila, che non sentendone più l’imposizione potè alzarsi.
“Su, vuoi rimanere qui?”, Jamila le si mise quanto più possibile accanto, chiedendosi al contempo chi delle due fosse il male minore.
“Non la porterai da nessuna parte!”, Madame si alzò con foga, cercando l’imposizione su di lei, la ragazza le mostrò i canini e, rispondendo all’imposizione la sollevò imponendo le mani su di lei a sua volta,
“Vultus”, il capo di Madame s’inclinò all’indietro, il suo caschetto con frangetta le scopriva il viso e Jamelia potè vedere dei simboli strani ai lati del suo collo, come dei tatuaggi, mentre gli occhi della donna diventavano completamente bianchi.
“Fermati! Non le senti?!”, le urla delle ragazze relegate nell’attico, imprigionate da Madame nel cerchio arrivava a Jamila, più che attraverso le voci di supplica, attraverso lo strazio che sentiva stavano provando.
“Loro non contano, al momento, vuoi uscire di qui o no?!”. Morirono poco dopo, il viso rigato dal sangue uscito loro dagli occhi, i capelli divenuti completamente bianchi. Con la loro morte, la ragazza interruppe l’imposizione.
“Possiamo andare”, Jamila la seguiva, tremante ed incerta.
Madame riuscì solo a sollevare il viso dal pavimento,
“Tu!”, la ragazza che aveva afferrato Jamila per un braccio si fermò, voltandosi:
“Io.”, le sorrise, uscendo.
WHITMORE COLLEGE
Caroline scriveva convulsamente sul diario. Era scappata, scappata dal suo amico che era stato in principio il ragazzo che le piaceva, poi il fidanzato della sua migliore amica, poi il suo mentore, poi un amico, poi il suo appoggio ed ora?! Ora non voleva pensarci, si concentrava solo sul ricordare e trascrivere esattamente tutto ciò che aveva visto e sentito. Non era andata all’appuntamento con Elena Alaric ed Enzo, e fu contenta di vedere Stafan lasciare l’alloggio poco dopo la sua uscita.
FUORI MYSTIC FALLS
“Stefan devi provare tu, nessuno di noi è riuscito a convincerlo!”, Elena stava alzando la voce più di quanto volesse,
“Jeremy non cederà tanto facilmente”,
“Se solo mi avessi ascoltato”,
“Rick non potevo lasciarlo impunito! Luke ha..”
“Ha impedito a Damon di passare, si si si, conosciamo tutti la storia. Provo a parlarci io!”, Enzo tendeva la mano verso Elena che gli consegnò il cellulare.
“Ehilà boscaiolo, come vanno le torture? Bene, sì? Magnifico lavoro quello sul tuo patrigno, ad ogni modo, e parlo per esperienza, di cavie ne trovi a volontà, ma adesso stai usando proprio quella che ci serve per tornare tutti a casa…si si lo so, fai così pensando che debba collaborare, e se ti dicessi che potresti riavere indietro la tua bella?”,
“Enzo no…non dargli ancora speranze”, chiuse la comunicazione mentre Elena cercava di zittirlo.
“Perché dirgli che limoni col tuo ragazzo nel mondo dei sogni è qualcosa di concreto vero? Ad ogni modo porterà Liv qui sul tardi, non vuole che qualcuno li veda…deve averla conciata piuttosto male”, Rick ed Elena si guardarono.
WHITMORE COLLEGE
Lungo la strada del ritorno Elena aveva pensato alle parole di Stefan, e se L’istinto di Jeremy si risvegliasse più forte che mai? Cosa lo governava ora se non l’amore per Bonnie? Temeva fosse l’odio per Liv, temeva che suo fratello stesso commettendo il suo stesso errore, odiare Katherine le era servito solo ad incrinare i rapporti con chi le stava accanto, enon si augurava questo per Jeremy.
“Caroline cosa ti ha fatto quella penna?”, era rientrata trovando Care intenta a scrivere.
“Elena! Ciao”
“….ciao…”, la trovava più strana del solito, ma visto ciò che da poco aveva vissuto lo trovava normale.
“Tu e Stefan..”
“Io e Stefan cosa?! No perché ti ha raggiunta subito!”
“Volevo sapere se, sai, è tutto ok…se avete risolto dopo il suo gesto?”
“Oh, si quello…certo, si tutto ok tutto apposto”.
Il dolore fu intenso e arrivò veloce al suo apice, Elena sputava acqua. Caroline cercava di sorreggerla e di chiamare Stefan, ma su Elena iniziò l’imposizione che aveva già visto su Damon.
ALTROVE
Dov’era?! Un attimo prima parlava con Caroline ed ora…
“Oh non ci posso credere, non è possibile!”, era di fronte a lei, gli stessi vestiti con i quali le aveva promesso di tornare da lei, attento a guardare oltre una finestra.
“Damon…Damon!”, lui non si voltò, non la sentiva, lei accorsa al suo fianco non riusciva a toccarlo. Si voltò verso la finestra, riconoscendo la sua stanza del college e vedendo un altro Damon con in mano il suo diario.
WHITMORE COLLEGE
“Elena! Elena svegliati!”, le toccò il viso e fu come essere attraversata da una scossa, il respiro le mancava e subiva l’imposizione.
ALTROVE
Elena, accanto a Damon continuava a guardare, finchè non si sentì toccare una spalla.
“Caroline, come…”
“Damon! Puoi sentirmi?!”
“E vederti perfino!”
“E lei…”
“Lei chi? Chi altro c’è?”, il volto stravolto, le aveva preso la mano.
“Elena è qui, è accanto a te”.
“No…no….siete…è?!..”
“Morte?! No…non sappiamo come, ma…”. Si risvegliarono di colpo.
WHITMORE COLLEGE
“E’ così che mi è accaduto la prima volta…ma dove eravamo?”
“Non ne ho idea”, Elena sorrideva, ora ne aveva la certezza, era salvo, in una dimensione strana, onirica o forse no, ma lui era lì.
“Cosa stavate guardando?...”
“Questo ti farà uscire fuori di testa…”, Elena le raccontò della visione oltre la finestra.
ALTROVE
Damon era seduto sul davanzale della finestra e guardava lo spettacolo,
“Quel maglione è uno scempio, non lo indosserei mai. E gli occhiali?! Io ci vedo benissimo”, guardava verso l’alto, parlando non sapeva con chi, fino a che sentì la porta dell’alloggio del sé della visione aprirsi. Riconobbe la ragazza della visione precedente, dell’asciugamano e del diario.
“Oh!”, era scattato giù dal davanzale,
“Oh! Mi prendete in giro!!!!?”.
Una di poco diversa Caroline gli stava consegnando gli appunti della lezione mancata.
ALTROVE
“Io ho bisogno di risposte”, la Dama stava curando il suo roseto, Bonnie le si era inginocchiata accanto.
“Lo so”
“Da quando Caroline è apparsa ha preso tutto vita, colore”,
“Questo perché la realtà esterna sta toccando questo posto, ma come vedi ci sono dei risvolti positivi…Mi era mancato l’odore delle rose, potevo coltivarle, ma erano un’illusione della mente, come se materializzassi un ricordo..”
“Che vuol dire questo?”, sul viso di Bonnie irrequietezza, la dama le prese la mano, sorridendo:
“Questo giardino è stato creato da un ricordo, dall’amore di una madre a cui hanno spezzato il cuore”.
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