mercoledì 9 luglio 2014


 
Fan fiction the vampire diaries st.6 ep.8

MENTRE TUTTO SCORRE

Mystic Falls.
Era tornata dall’ufficio da poco meno di un’ora, erano le undici passate e non aveva intenzione di cucinare o ordinare cibo d’asporto. Da quando Caroline non poteva fare ritorno a Mystic Falls conosceva il vero senso della solitudine. Si era sentita così persa solo immediatamente dopo il divorzio da Bill. Caroline era tutto ciò che le restava, eppure la sua bambina non poteva fare ritorno a casa. Era da quasi un anno che non la vedere girovagare per casa, con quella sua risata allegra, insieme ad Elena e a Bonnie. Le aveva viste crescere, sentiva di doverle proteggere, eppure non poteva fare  nulla. La sua unica preoccupazione era al momento di non macchiare il tavolino in legno mogano con le gocce di vino che solcavano la bottiglia stappata da poco. Doveva subire limitazioni anche al lavoro. Non era riuscita a dare una spiegazione che fosse soddisfacente all’esplosione del Grill e all’avviso dei soccorsi, partito, secondo la commissione d’indagine, troppo tardi. Si limitava ora a coadiuvare la ricostruzione del sistema di sicurezza della città insieme ad Aloisius Evans. I loro uffici erano equidistanti dalla zona relax, e lui aveva dimostrato un sviluppato sesto senso nel saperla alla macchinetta del caffè espresso. Si abbandonava a questi pensieri, sdraiata sul divano, mentre faceva ruotare il vino nel bicchiere quando il bussare alla porta le ridestava i sensi. Ancora vestito come l’aveva lasciato poco più di mezzora prima, Al le piantava in faccia un sorriso da cui spuntavano troppi denti ed aveva in mano più buste di take away.
“Liz, posso entrare?”
“E perché, scusa?”, si era stretta nella vestaglia da camera, aveva indossato una tuta e non aveva alcuna intenzione di tollerarlo oltre per quel giorno
“Come sarebbe a dire? Abbiamo passato le ultime dieci ore in quell’ufficio, in mezzo a statistiche e scartoffie, senza affrontare il vero nocciolo della questione”, la guardava, stringendo il sorriso, un gesto che di falsa allegria non accompagnato dagli occhi, Liz, guidata dall’istinto ritraendosi, aveva spinto la porta, fermata da Al con una gamba,
“Liz, io so del consiglio dei fondatori, so dei vampiri. Ne dobbiamo parlare!”,
“Vampiri?! Hai bevuto per caso?!”, cercava di mantenere la calma, mentre lui guadagnava l’ingresso.
“Non ho bevuto e non fingere con me. In ufficio sono state installate delle telecamere, ma siamo al punto in cui bisogna insabbiare e non mi sporcherò certo le mani da solo”
“Ma certo…”, si girò di scatto, le mani nelle tasche del nuovo completo Armani, mentre Liz si stringeva nella vestaglia
“Non trattarmi con sufficienza, sapere è il mio compto. Riportare l’ordine…beh, quello dipende anche da te. Non volete questo dipartimentato giusto? E neppure io, mi sono lasciato questa merda alle spalle più di vent’anni fa, credimi, voglio finirla quanto prima”. Non poteva più negare l’evidenza,
“Cosa suggerisci?”
“Beh, la busta piena di cibo che ho poggiato qui in terra suggerisce che ho fame, quindi dovremmo parlarne mangiando”,
“ok”. Ora, come vent’anni prima era capace di mandarla in confusione, non lo voleva in casa, ma su un punto aveva ragione: le cose andavano sistemate. Alla svelta. Doveva riacquisire la giurisdizione della città.

ALTROVE
Da quando Caroline l’aveva lasciato solo stava tentando di aprire la porta. Puntualmente veniva respinto verso la parete.
“Andiamo! Voglio capire con la spina nel fianco di poco fa, ma io? Non sono carino abbastanza? Su porta apriti, su”, tendeva le mani e con cautela riprendeva la maniglia, di nuovo una forza lo respinse verso la parete..
“Accidenti!”, mentre batteva i pugni su quel pavimento bianco, si voltò verso la finestra, i suoi cocchi contratti in un’espressione dubbiosa. Per un attimo, solo per attimo, aveva ceduto a quella fantasia, cosa ne sarebbe stato di lui se avesse accettato di essere vivo in quella maniera? Il pavimento prendeva colore, spingendolo ad alzarsi, impaurito
“Ma che diavolo….!”. Poteva chiaramente vedere il parquet. La stanza era rettangolare, profonda e iniziava a profumare di buono, un odore che sentiva conficcato nel profondo, in una parte di lui quasi dimenticata. Camminava lungo i muri avendo finalmente la percezione dello spazio, quando un rumore attirò la sua attenzione. La serratura era scattata e la porta si era spalancata naturalmente lasciando entrare aria di primavera. Si stava dirigendo verso la porta con cautela. All’altezza delle precedenti prove per uscirne, aveva teso un braccio, ora era del tutto fuori.
“Che diamine di posto è mai questo?...”, dinanzi a lui un giardino rigoglioso. All’ingresso della stanza un piccolo corridoio in pietra che se attraversato portava ad un gazebo tondeggiante, issato su colonne greche alle quali l’edera si era arrampicata. All’interno una panchina in pietra che riempiva il perimetro del gazebo. Dall’interno dello stesso, aveva capito di trovarsi al centro di quel giardino, davanti a lui una fontana, alla sua destra un prato di rose gialle, alla sua sinistra bianche. Provò ad andare oltre il gazebo, ma fu respinto, con forza più brutale di quella della maniglia, verso il corridoio di pietra.
“Damon..”, dietro di lui, dinanzi alla porta della stanza, Bonnie gli tendeva la mano. Indossava una veste bianca, con un cinturino di perle verdi alla vita ed un fiore bianco tra i capelli. Si lasciò aiutare ad alzarsi.
“Ti ho portato questa”, gli porse una sacca di sangue.
“Bonnie, dove l’hai presa? Dove siamo?”,
“Questo dovrei chiederlo io a te”
“Che vuoi dire?”

Saneville Town. Dimora di Lorenzo.
Jeremy aveva ceduto a che Liv venisse curata. Alaric si era trattenuto con lui a lungo, in una conversazione che Elena preferì lasciare privata, lo stesso non può dirsi per Enzo, che commentava ogni frase di Rick detta in segno di cordoglio per Damon.
Liv, che era stata addormentata per qualche ora veniva ora svegliata. Il sole s’alzava, ma non in quella casa, non disponendo Enzo di un anello solare. Sentirono bussare alla porta.
“Elena!”,
“Caroline….”, sentiva risalirle la vergogna provata la sera precedente, quand’aveva rischiato di uccidere la sua migliore amica, “io…”,
“No…non spiegare nulla. Siamo tutti stressati e ora abbiamo altro di cui occuparci”, teneva tra le mani il suo diario, in cui lei ed Elena avevano appuntato i sogni. Era tornata a prenderlo dopo l’sms di Stefan che le assicurava di essere rincasato a villa Whitmore. Un sms di scuse per averla messa a disagio. Tanto le bastava. Forse si era sentito strano anche lui e nelle situazioni di stress il cervello reagisce sempre in amniera inaspettata, a volte si fanno voli pindarici con la fantasia, si vuole qualcosa di cui non si sente la necessità…aveva detto così la professoressa al corso di psicologia?!,
“Biondina?!”, Enzo agitò una mano davanti al suo viso, Caroline era assorbita dai suoi pensieri, anche Elena la guardava con apprensione, pensando, ne era certa, ad un modo per farsi perdonare, quand’invece era lei a doverle forse delle spiegazioni o delle scuse. Aveva passato anni a spingerla tra le braccia di Stefan!
“E’ tutto ok! Sventolati da un’altra parte, grazie!”.
Liv stava risvegliandosi. Presa coscienza del luogo e delle persone e avendo Jeremy di fronte seduto su una sedia a dondolo, scattò a sedere sul divano,
“Che volete da me?!”
“Liv, calmati! Dobbiamo spiegarti molte cose e tu ci ascolterai”, Elena la teneva ferma per le spalle. L’avevano guarita, ma concordava con suo fratello: se le mani erano il mezzo più potente per Liz, dovevano fare in modo che non accedesse con facilità agli incantesimi. Per questo le legarono i polsi dietro la schiena. La spiegazione fu dolorosa per Elena, ma non volle delegarla a nessuno. Sentì la tensione di Enzo quando raccontò di come Damon rimase intrappolato nell’Other Side, il dolore di Rick era un gesto: il capo chino a ricordare l’amico e los guardo perso in un bicchiere di bourbon. Il cuore di Jeremy accelerava a sentire il nome di Bonnie o quello di Damon.
“Ma ora sembra che sia cambiato qualcosa, Liv”,
“Non si può tornare dalla morte Elena, non se anche il purgatorio mistico si è dissolto! Dov’è?!”
“Dov’è chi?!”, la incalzò Jeremy,
“L’assassino di mio fratello!”, dicendo tali frasi protese il busto in avanti, un movimento che fu ritirato all’immediata reazione di Jeremy che, scattato dalla sedia a dondolo, l’aveva presa per il collo,
“Non ci importa nulla di quella testa di cazzo di tuo fratello. E’ colpa sua se siamo a questo punto!”, il tono della sua voce cresceva ad ogni parola,
“E sono contento che Stefan non sia qui, perché tornerebbe alla sua solita buona vena e mi direbbe di trattarti con rispetto e gentilezza! Farai meglio a rispondere alle domande di Elena! Non ho remora alcuna a fare ritorno alla magione Salvatore, e tu?!”. Elena la guardava, Enzo aveva costretto Jeremy ad allontanarsi da lei, mentre Alaric gli ricordava di restare calmo.
“Liv, abbiamo tutti perso, non c’è uno solo di noi che possa dirsi vincitore in questo casino”,
“Mio fratello poteva dirsi vincitore, era tornato indietro, mi aveva salvato la vita e stavamo tornando a casa, fino a che il tuo ex amore cosmico non gli ha strappato la testa. Non gliel’ha tagliata sai? Jeremy te l’ha raccontato? Non l’ha morso o stordito, non gli ha rotto il collo, semplicemente gliel’ha strappata”, la sua voce era priva di inclinazione, dai suoi occhi poche lacrime. Elena intuiva che le aveva versate tutte, e che il dolore era un compagno freddo poggiato sulla sua schiena che le suggeriva la resa. Conosceva quella sensazione e l’aveva vissuta per tutti quei mesi, ma non poteva e non voleva scusarsi.
“Abbiamo una speranza”, le raccontò dei sogni. Le lasciò credere che forse, se Damon e Bonnie si sono salvati in qualche modo anche lo spirito di Liv è finito da qualche parte e forse potrebbero riportarlo indietro.
“Non offendere la mia intelligenza, Elena. Per Luke non c’è nulla da farsi, ma fammi indovina. Da me vuoi sapere cosa sono questi sogni, beh non sono una medium”,
“Non è troppo tardi per diventarlo”. Rick aveva posato il bicchiere e le si era posto davanti, “tocca a te fare ammenda per il gesto di tuo fratello. Dobbiamo capire cosa sono questi sogni e se possono portare conseguenze più grandi”. Liv abbassò il capo riflettendo su quelle parole.
“Damon e Bonnie non sono l’unica ragione per cui sei qui. Io li ho visti e quel mondo o dimensione o stanza sono un’ambientazione prodotta da qualcuno. Dobbiamo capire se questo qualcuno è pericolo per noi, se si è messo dalla nostra parte per averceli mostrati o altro”, Caroline le si era seduta accanto. Liv l’aveva a malapena guardata. Riportò gli occhi su di Elena che si era inginocchiata davanti a lei.
“Liv fa questo e troveremo tutti la libertà. Tutti saremo liberi di tornare alle nostre case. Dev’esserci un collegamento, tra queste visioni e il non poter rientrare a Mystic falls”, le stava slegando i polsi.
“Elena che diamine stai facendo?!”, Jeremy era scattato di nuovo in piedi,
“Non credo sia una buona idea, sono d’accordo col boscaiolo”, la frecciatina di Enzo si attirò uno sguardo di sfida di Jeremy, a cui l’europeo preferì non dare peso.
“Non è un animale in gabbia ok? Non ha più colpe di noi. Stefan ha ucciso suo fratello”. Liv si massaggiava i polsi guardando Elena. Si portò le ginocchia al petto senza spostare lo sguardo, Elena sentiva il suo cuore battere per lo spavento:
“La mia vita è stata un continuo servire gli scopi altrui. Se faccio questa cosa, mi assicuri la libertà?”, Elena la guardava stranita. Era una potente strega eppure appariva incredibilmente fragile,
“Certo, si…Liv chi t’ha fatto sentire così per tutta la tua vita?”,
“Mia madre”.

 

Richmond. Residenza Johnet.
Si preparavano per la partenza, Jamila era in viaggio verso Mystic Falls con una sconosciuta, potenzialmente pericolosa e Tyler aveva bisogno di risposte, soprattutto sull’antidoto cui stava lavorando con il sangue di Peyton.
“Tyler, ascolta. So che hai fretta di andartene, ma non possiamo lasciarli così, hai visto anche tu come sono trattati. Devi parlarci!”, Matt era in camera di Tyler, mentre questi preparava i bagagli.
“Devo farlo per loro…o per lei?”, Matt lo guardava aggrottando la fronte.
“Lo so che ti piace, lo vedo. Lei è fantastica e su questo non si discute, ma suo fratello è un folle. Se perdesse la supremazia sul branco e sulla famiglia ce la farebbe pagare.
“Da ibrido hai affrontato Klaus”,
“L’hai detto amico, da ibrido. Però senti, un tentativo, uno solo, parlerò col branco stasera. Adam è ad un ricevimento stasera e ci ha invitati, vai solo tu con Peyton”,
“E che scusa ti inventerai?”,
“Nessuna scusa. Gli dirò apertamente che vado in montagna a salutare il branco. Per lui non sono nessuno ora, non rappresento una minaccia”,
“Avrebbe dovuto conoscerti qualche mese fa”, Matt sorrideva mentre gli porgeva una birra, fresco regalo del mini bar.


Peyton era rincasata da poco. Adam le aveva fatto cucire un vestito d’alta sartoria italiana e pretendeva che lei lo provasse.
“E’ stupenda con quel vestito addosso. Avreste dovuto vederla, ma non troppo! Lei è la mia sorellina!”,
“Sarà stata sicuramente bellissima”, Matt le sorrideva, ad Adam non sfuggì questo particolare, ma venne distratto da Tyler:
“Staserà andrò in montagna, a salutare il branco. Domani partiamo, solo Matt sarà dei vostri”,
“Oh bene. Hai uno smoking ragazzo?”,
“Non è il primo indumento che metto in valigia di solito, per cui no”, gli sorrise forzatamente.
“Te ne procurerà uno la cameriera, falle avere la tua taglia”, Matt gli concesse un segno d’assenso col capo.
“Ancora non mi hai detto dov’è il ricevimento”, Peyton sorseggiava del caffè dopo averlo offerto ai loro ospiti e ad Adam, che si avviava verso le sue stanze, girandosi giusto il tempo di dire: “Villa Parker”. I tre si guardarono, mentre Adam con un ghigno si richiudeva la porta alle spalle.


“Devi venire con noi!”
“Come?”, erano pronti per il ricevimento, al quale avrebbero presenziato dal primo pomeriggio, decisione all’ultimo presa da Adam. Di solito preferiva saltare il rituale del coktail, ma volle coinvolgere assolutamente Matt in tutto il rituale di un gran ricevimento.
“ Non hai bisogno di stare qui, la tua natura sovrannaturale non ti vincola e a Mystic Falls ora come ora non sentiresti neppure il profumo di una bistecca al sangue!”, la fece sorridere. Adorava la fossetta che le si faceva sulla guancia destra quando rideva.
“Non posso abbandonare mio fratello”, gli rispose infine.
“Ti capisco, ma fidati ho una certa esperienza, devi trovare la tua strada. I miei amici sono una famiglia per me. Mia sorella è morta, mia madre è lontana e loro invece ci sono sempre stati, anche se con problemi ben gravi come sai. Averli vicino però non mi sta impedendo di prendere in mano la mia vita e le mie decisioni”,
“Via di qui io sarei sola…”,
“No, non lo saresti”, le strinse una mano ricordandole che la libertà di essere ciò che vuole è lontana il tempo di preparare una valigia.


Altrove

“Che vuol dire che devi chiedere a  me dove siamo?”,
“Significa che io ti ho salvato tenendoti la mano quando il fascio di luce ci ha colpiti, ma non ho deciso io dove andare”, così dicendo rientrò nella stanza. Damon la seguì lasciando l’uscio aperto e verificando di poterne riuscire.
“E questo spettacolino qui alla finestra? Avrei preferito spiare uno spogliatoio femminile o una spiaggia di belle donne in topless! La mia condanna è fissare me stesso all’infinito vivere una vita normale da amico di Caroline Forbes?! E quelle visioni? Lei è stata qui, ha provato ad uscire, ma la porta l’ha respinta”, si era riseduto sul davanzale. Bonnie si guardava intorno.
“Quelle non erano visioni, così come non lo sono queste alla finestra. Caroline è stata qui e quello che tu vedi è la proiezione di una parte di te che si è aggrappata alla tua umanità perduta e che ti permette di essere la persona che sei. E c’è una parte di te, più profonda, più radicata, che vorrebbe vivere con Elena in qualsiasi forma, ed è quella la parte di te che riemergeva ad ogni sogno e ti faceva provare dolore”,
“Questo non è possibile!”,
“Lo so è difficile da credere..”
“No, no no! Elena ha TOLTO il dolore! Non esiste in nessun universo, in nessuna stanza, in nessun lato di questo strambo universo che sia lei la causa delle sofferenze! Come è possibile se è solo pensando a lei che tornavo me stess?!”,
“Questo dovrai capirlo da solo e alla svelta. Io ho solo concesso alle tue paure e a i tuoi desideri di manifestarsi”. Bonnie sentiva un bisbiglio in lontananza, il corrugato, gli occhi a stringersi.
“Devo tornare..”
“Tornare dove?!”, le teneva le braccia, ch iniziarono a scottare bruciandolo, facendolo staccare.

 

Lasciò Damon guardare dubbioso ed incredulo il sé alla finestra, che carezzava il diario verde oliva con la E incisa in basso. Si richiuse la porta alle spalle, poggiandosi ad essa chiudendo e riaprendo gli occhi. In quest’atto tornò al suo aspetto: la Dama.

martedì 8 luglio 2014

Fan fiction the vampire diaries st.6 ep.7
Annebbiati
WHITMORE COLLEGE
Elena e Caroline si interrogavano, ancora frastornate da quell’assurdo svenimento. La miccia nel cuore di Elena si riaccese al soffio di quella speranza: aveva visto Damon, Caroline era riuscita addirittura a parlargli, ma tutto sembrava assurdo, non riuscivano a capire le modalità di quel transfert, si trattava di magia e questo era ovvio, ma non avevano nessuno con cui parlarne, nessuno tranne Liv.
“Dobbiamo interrogarla”, stava bevendo una sacca di sangue, ne aveva offerta un’altra a Caroline,
“Cosa ti fa pensare che parlerà? Specie ora che Jeremy la sta torturando”, abbassò lo sguardo nel parlare di Jeremy, non voleva che Elena sentisse il peso di qualche mancanza nei suoi confronti, mancanza che ovviamente non aveva. Era da molto tempo, dal giorno della scomparsa di Bonnie e Damon che non vedeva più in Jeremy il ragazzino problematico o il cacciatore di vampiri. Era cresciuto, di colpo, come se la perdita dei genitori e di tutta la sua famiglia non fosse stata abbastanza, aveva detto addio per la seconda volta alla ragazza che amava. Non poteva vivere con sua sorella, aveva affrontato New Orleans e Caroline sperava ardentemente che, perlomeno Elena, smettesse di vederlo come un ragazzino. Aveva dimostrato di saper badare a se stesso e di poter essere un sostegno per Elena, e quest’ultima aveva bisogno di lasciare andare qualche peso, la sua coscienza rischiava di schiacciarsi sotto false auto-accuse. Quante volte in quegli otto mesi aveva cercato di convincerla che non era sua la colpa di quella situazione? Si era persino paragonata a Katherine, lo ricordava benissimo:
“Lei non ha avuto la presunzione o l’ipocrisia di negare la sua natura! Io ho preteso di sapere cosa fosse meglio per gli altri, persino per te! Dovrei morire io, dovrei raggiungerlo, anche Jeremy se n’è andato!”. Dovette imbottirla di tranquillanti e ora che la vedeva uscire da quello stata di apatia temeva per lei, temeva che tutto quel dolore sarebbe tornato a soffocarla se quelle visione si sarebbero rivelate fasulle. Temeva che fossero indotte dalla congrega di Liv, ma non ne aveva fatto parola con nessuno.
“Parlerà Caroline, ha un debito nei nostri confronti”,
“Stefan ha ucciso suo fratello Elena. Qualunque debito avesse, lo considererà saldato”
“Allora le parlerò ok? Forse lei non è come suo fratello, forse è stanca anche lei del peso di tutto questo, forse….Non lo so, io devo tentare. Devo!”. Guardava Caroline sapendo perfettamente a cosa pensasse, non c’era bisogno di parlare di quei lunghi mesi di agonia, ma non poteva farne a meno, doveva sperare.
“Elena, dobbiamo ricostruire i fatti”, Caroline armata di penna, aspettava che le si sedesse accanto per iniziare a scrivere. Aveva il suo sorriso radioso, quello da arcobaleni ed unicorni ed Elena capì che anche lei aveva deciso di sperare, se non per se stessa o per Bonnie o per Damon, lo faceva per lei. Iniziarono a scrivere.

“Dunque sei svenuta sputando acqua”,
“Si, la mia morte umana”,
“Io la prima volta sono svenuta sentendomi soffocare, mentre ora è bastato toccarti”,
“E quando ti sei risvegliata la prima volta avevi fame..”,
“Come te ora…”,
“La sensazione era come di rivivere la trasformazione. Caroline dobbiamo capire perché Damon è bloccato lì, non mi importa di questo, di come arriviamo da lui, dobbiamo, devo, riuscire ad andare lì!”, si era alzata e si agitava, camminando convulsamente avanti ed indietro.
“Cerca di calmarti, ammesso che Liv decida di aiutarci, queste informazioni le saranno utili, lo sai anche tu.”
“Tu non vuoi trovarlo, non ti è mai importato!”
“Elena, ma che dici?”, Caroline si era alzata perché Elena mostrava i segni di vampirismo sul viso,
“Elena devi controllare la rabbia ok?”
“Tu ti controllavi quando mi suggerivi di scegliere Stefan?! Quando descrivevi Damon come il diavolo?!”, le aveva preso la gola,
“E-Ele-na, lasciami…mi fai male…”, Elena continuava a stringere, impotente nei confronti di quel sentimento, Caroline sentiva l’aria venirle meno, e ricordando la sua morte umana aveva iniziato un altro transfert. Elena aveva lasciato la presa, spaventata e inorridita per ciò che aveva fatto, ma sentiva ancora l’angoscia morderle le viscere e l’istinto a strappare il cuore a Caroline. Era qualcosa di profondo a muoverla, sebbene tutto di lei le diceva che quella a terra era la sua amica. Riuscì a scappare dall’alloggio lasciando Caroline vivere il transfert.

RICHMOND
Madame era nella mansarda, aveva dato ordine che la sala e l’ingresso venissero riassestati, che nulla di quanto accaduto le venisse riportato alla mente se avesse trovato qualcosa fuori posto. Guardava i corpi delle undici ragazze,
“Portatele via di qui, discretamente”, aveva dato l’ordine al personale di casa, streghe e stregoni profumatamente pagati per rimanere fedeli a lei e alla congrega stessa. Non aveva mosso un dito, quelle fecce, perché non erano disposti a morire come quelle giovani streghe. Li aveva reclutati fra la peggiore feccia dotata del dono, avanzi di galera o farabutti e sgualdrine furbi abbastanza da non farsi prendere. Era una comodità averli intorno, avrebbero fatto sempre il lavoro sporco al suo posto, se non ci rischiavano la pelle, e questo la proteggeva agli occhi della società. Aveva anche imbastito una storiella per darsi prestigio visti i loro modi ed i loro aspetti: il personale di servizio di casa Parker era da sempre reclutato tra gli ex – galeotti in cerca di riscatto sociale, senzatetto, ex – tossicodipendenti. Gestendo una fondazione no – profit, sede di copertura alla congrega, riusciva a raccogliere abbastanza denaro per comprare il silenzio di quella feccia criminale e per assicurarsi l’uso dei loro poteri al suo servizio. La sua comunità di streghe, nella quale s’era fatta spazio a gomitate, la congrega, sopravviveva sul terrore imposto alle famiglie che ne facevano parte.
Quand’ebbero portato via gli ultimi corpi lanciò un incantesimo nella stanza, alla ricerca di una traccia estranea. Un rumore, simile ad una musica agrodolce, proveniva dal posto che aveva riservato a Jamila, a terra, vicino alla seduta, un pezzo di merletto strappato, ingiallito dal tempo. Le ci volle poco per riconoscerlo,
“Aurora. Finalmente! E’ la resa dei conti.”.


WHITMORE COLLEGE. NEI PRESSI DI VILLA WHITMORE
Stava raggiungendo Elena e Caroline all’alloggio. Entrambe ignoravano le sue telefonate e l’ora dell’incontro con Jeremy si avvicinava. L’aveva vista nei dintorni di villa Whitmore, residenza di Stefan grazie al soggiogamento, sdraiata in terra che si teneva l’addome e piangeva a dirotto:
“Ehilà, bambolina questa è proprio una crisi isterica. Le crisi isteriche di voi donne moderne sono diverse da quelle che ricordo io. Negli anni ’50 una donna si chiudeva in bagno e quando usciva aveva il grembiule sporco di mascara per essersi asciugata le lacrime, diceva “si sto bene”, si chiudeva in un mutismo per tipo quattro o cinque giorni, poi tornava tutto normale….Ora invece vi sdraiate nei prati”. Elena sentì la collera crescere, cercò di attaccarlo, ma Enzo la fermò,
“Questa reazione è decisamente meglio. Forse non sei depressa, ma re-pressa. Esprimi così la tensione sessuale? A me va anche bene, ma che direbbe Damon?!”, la lasciò andare. Non perché era nel giusto e le sue parole avessero colto il segno. Damon, doveva pensare a Damon. Le bastava pensare a Damon e la rabbia veniva spenta da un sentimento più profondo, più puro. Gli spiegò cos’era successo con Caroline,
“A volte è irritante. Anche io ho questo tipo di reazione con gli amici più cari”,
“Non è il caso di fare dell’ironia…mio Dio, avrei potuto ucciderla!”,
“Ma ti sei fermata in tempo giusto? Io non vedo il problema. Le ragazze umane si tirano i capelli o si danno qualche unghiata, voi avete avuto uno scontro più…fisico…se dovesse risuccedere chiamami”, così dicendo tirò fuori dalla tasca un dollaro, e glielo porse tenendolo tra l’indice ed il medio della mano sinistra.
“Non dirlo ad Alaric, o a Stefan… devo parlarne con Caroline…”,
“Cerca di calmarti o ricominceremo con la lotta greco – romana. E poi parlare con Alaric o Stefan? Non mi interessano i tuoi problemi”,
“Come puoi dire questo?! Sei qui, e sei qui per Damon, per quello che ti ha scritto giusto?! Cosa ti ha chiesto di fare?!”, Caroline aveva vuotato il sacco.
“Questi non sono proprio affari tuoi! Vieni o no?! Stiamo facendo aspettare tuo fratello!”.

FUORI MYSTIC FALLS. NOTTE.
Jeremy teneva Liv legata come un animale, una corda le stringeva il collo e lui la portava a braccio, come fosse un animale ferito atrocemente. Alaric e Stefan si guardarono, Enzo si pose dinanzi ad Elena senza riuscire a proferire parola. Aveva visto la rabbia montare sul suo viso, se fosse scattata verso Jeremy si sarebbe condannata a morte, naturalmente o per mano di suo fratello.
“Jeremy cosa stai facendo?”, Stefan aveva notato il gesto di protezione di Enzo e si sentì libero da quella zavorra: non sapeva come muoversi, la situazione esigeva che lui fosse per lei un fratello o cos’altro? Condividere certi gesti era per lui un sollievo. Odiava se stesso per come stava posizionando Elena tra i problemi al momento, ma aveva visto Jeremy a New Orleans, sapeva di cos’era capace.
“Non è evidente? Voi vampiri avete decenni per sviluppare una vendetta degna di questo nome, come ha fatto Damon con i Whitmore. Sto pensando di fare la stessa cosa. E comunque non preoccuparti, le ho fatto di peggio”, la guardava con disgusto, “ho usato le scorte di sangue di vampiro che ho prelevato ad Alaric dopo averlo impalettato e dopo averti rotto il collo”,
“Rotto il collo? Impalettato? Jeremy di cosa stai parlando?!”, Elena aveva scansato Enzo ed erano ora faccia a faccia. Stefan non le aveva acennato nulla sulle modalità del rapimento di Liv, sapeva che Rick non era d’accordo e null’altro.
“Sto parlando del fatto che Stefan era un po’ restio a portarla con noi, così gli ho dato una spinta per decidersi a venire con me. Trovandosi di fronte Luke, è stato tutto molto più semplice”, Elena, con lo sguardo sconvolto da tanta ferocia, si era voltata a guardare Stefan che teneva lo sguardo di Jeremy,
“E non ne sono pentito, per nulla. Meritava di morire e lo meriterebbe anche lei, ma ci serve viva ed in grado di praticare la magia”. Liv aveva le braccia rotte incrociate sul seno.
“Bel lavoro, ma santo Stefan – per una volta ho seguito l’istinto, ha ragione, ci serve via”, Enzo era tornato a frapporsi tra Jeremy ed Elena. Rick, che dapprima non aveva dato peso a quel gesto, pensandolo istintivo, guardava ora il viso di Elena, e la rabbia che mostrava.
“Si è lasciata sfuggire che senza l’imposizione delle mani la sua magia può ben poco. Quindi, metaforicamente, le ho spezzato le bacchette”,
“Questo non è da te”, Alaric lo guardava con affetto,
“Anche perdere più persone di quanto possa ricordare non è da me! Anche che Caroline abbia soggiogato gli insegnanti ed il preside per farmi avere il diploma non è da me! Aver affrontato Silas, non era da me! Minacciare Klaus non era da me! Morire non era da me! Vedere Bonnie lasciarmi due volte non era da me! Non aver più Damon non è da me! Eppure sono qui, che raccolgo l’unica soddisfazione che mi resta, dopo essere stato per voi poco più che un peso, o un oggetto, una mappa! E ancora provate a dirmi cosa fare, ancora provate a inculcarmi qualcosa a forza nel cervello!!”, così dicendo aveva alzato la pistola contro Enzo,
“Tu..che utilità hai tu per noi?! Cosa sei tu per me?! Finora è stato sempre qualcos’altro o qualcun altro a scegliere chi mandare all’inferno! E se lo facessi io per una volta tanto?!”. Enzo non si scompose, avanzò fino a che il confine di Mystic falls glielo consentì. Diede uno sguardo veloce a Liv che, carponi, a fatica alzò lo sguardo verso il suo.
“Adesso basta”, la pistola di Jeremy gli toccava il giubbotto.
“Questa ragazza è una merce di scambio per riavere Bonnie e Damon, la stai riducendo a brandelli solo per nascondere le tue debolezze”,
“Stà zitto!”,
“E cos’ho da perdere a tacere io? Sei stato tu a dirlo, giusto? Li rivuoi indietro? Dobbiamo curare Liv, dobbiamo liberare Mystic Falls da questa maledizione, poi potrai imprecare quanto vorrai, ma ora la scelta è solo tua. Nessuno ti impone nulla, né tua sorella, né il tuo patrigno, né Stefan, io neppure esisto per te. La scelta è tua. Puoi continuare e domandarti fino al giorno della tua morte se hai condannato quello che resta della tua famiglia alla disperazione o puoi collaborare e cercare di riavere la tua ragazza”, così dicendo gli porse la mano per farsi consegnare la pistola. Jeremy indietreggia all’interno di Mystic Falls.
“Stefan”, Elena gli si era avvicinata,
“Io devo rimanere qui, ma qualcuno dovrebbe stare con Caroline al momento”,
“Cos’è successo?”

WHITMORE COLLEGE
Credere che Elena avesse avuto quell’esplosione di rabbia non era facile. Corse più veloce che poteva per raggiungere il campus. Caroline si era risvegliata e sdraiata a letto, stava piangendo silenziosamente. Aveva visto la porta aprirsi e si aspettava fosse Elena, vedere Stefan fu per lei di conforto, ma la sensazione durò poco al pensiero di cos’era successo l’ultima volta che si erano visti.
“Elena mi ha detto cosa ti ha fatto”,
“Non la riconoscevo”. Non alzava il viso per non incrociarne lo sguardo, teneva stretto al seno il peluche che lui aveva preso la volta precedente. Stefan le si sdraiò accanto, abbracciandola e carezzandole i capelli, mentre ricominciava a piangere,
“Va tutto bene, sono qui, va tutto bene”,
“Io l’ho rivisto”,
“Sì, Elena mi ha detto che stavi avendo un transfert quando ti ha lasciata, mi ha raccontato che avete visto Damon… se non vuoi parlarne ora..”, l’espressione di Caroline, così dolorosamente triste, l’aveva fatto pentire di aver spostato l’attenzione così velocemente altrove.
“No, io, io ce la faccio…”, così dicendo alzò lo sguardo verso Stefan che continuando a stringerla, la portò un poco più su.
“Ero in questa stanza, in questa del whitmore, ma era differente, credo fosse quella che Damon guarda dalla finestra. Non c’era nessuno, così sono uscita fuori ed il campus era deserto, c’era un’enorme distesa di bianco, la tua moto fuori l’alloggio e nient’altro, mi sono voltata per tornare dentro, ma l’ingresso era sparito. Era tutto un enorme spazio bianco, poi mi sono svegliata”, Stefan aveva corrugato la fronte.
“Che c’è?”, Caroline riconosceva nel suo viso più espressioni, taceva qualcosa che temeva di dirle.
“Nulla”,
“Stefan…”, il suo sguardo di ammonimento lo divertiva sempre, cercava di essere risoluta o severa, per lui quell’espressione era buffamente dolce
“Posso chiederti una cosa?”,
“Certo”,
“La prossima volta che lo vedrai riferiscigli un messaggio: io lo tirerò fuori di lì, ovunque sia finito. Non importa quanto tempo ci vorrà, o cosa dovrò fare”, Caroline aveva annuito e, stretta nell’abbraccio di Stefan, chiudevano gli occhi su quella notte di domande, di dolori e di speranze.

ALTROVE
“Che posto è questo, Damon?”,
“Se ti stupisce questa stanza, guarda qui”, Damon le aveva indicato la finestra che dava sulla sua ipotetica vita,
“Oh. Mio. Dio! Per caso abbiamo…?!”
“No!”, l’espressione di disappunto sul viso di Damon all’ipotesi di una loro relazione amorosa era pari all’espressione di sorpresa di Caroline nello scoprirsi amica e confidente, l’unica probabilmente, della quasi – vita di Damon,
“Ok, dobbiamo cercare di capire dove siamo, e poi andremo a cercare Bonnie! Cosa c’è fuori da questa stanza?”,
Damon la invitava, con un sorriso sornione, a provare ad uscire. Caroline si avvicina alla porta con un’espressione di interrogazione in viso. Presa la maniglia viene scaraventata verso la parete,
“Adesso può diventare persino divertente”.
“Sei un…”, era scomparsa. Si stava svegliando.

FUORI MYSTIC FALLS.

“Perché indietreggi? Non potrei comunque entrare”,
“Lo so”,
“E allora?”, Jeremy guardava in terra.
“Jer….?”, Elena cercava di richiamare la sua attenzione, Jeremy la guardava, affranto.
“Se ve la consegno…niente più sotterfugi, basta considerarmi un ragazzino..”, Elena annuì tra le lacrime.
Jeremy, uscito da Mystic Falls per abbracciarla, consegnava un’esausta Liv ad Enzo.

VIRGINIA. ON THE ROAD
Jamela spulciava tra i cd: dai Rolling stone ai Nickelback, dagli Aerosmith ai Queen. La ragazza la guardava sorridendo, mentre guidava,
“Ti piace questa musica?”
“Sono più il tipo da James Blunt”,
“Non avevo dubbi”, un sorriso di tenerezza le si disegnava in viso, aveva dei lunghi capelli castani, una cascata di boccoli ed occhi scuri, di contrasto con la sua carnagione diafana.
“Non c’è nessuno a cui vorresti telefonare per dire che sei al sicuro?”,
“…e lo sono?”,
“Se fossi rimasta in quella casa no, con me, si”,
“Non so neppure il tuo nome?”,
“Ti piace Shakespeare?”
“Come?”
“Cos’è dopotutto un nome?...”.

RICHMOND, RESIDENZA JOHNET

Il telefono fece solo uno squillo, Peyton aveva visto la foto in allegato al numero e le rispose immediatamente, Jamila le sembrava tranquilla.
“Ragazzi…”, Matt e Tyler erano alla playstation, avevano convenuto di mantenere un profilo basso, per convincere Adam di non essere una minaccia alla sua leadership. Li aveva pregati di restare e di usufruire di tutti i conforti che la villa poteva offrire loro. Al richiamo di Peyton si voltarono simultaneamente,
“Jamila…”, Tyler scattò in piedi, Peyton lesse l’apprensione sul suo volto,
“Sta bene…Mi ha detto di essere salvata da una ragazza che la sta portando…”,
“Dove?”, Matt aveva un presentimento.
“A Mystic Falls”,
“Perché non mi stupisce?”, posò con poca grazia il joystick, portando le mani unite al mente e aspettando la decisione di Tyler.

SANEVILLE TOWN. 15 KM DAL WHITMORE COLLEGE
Enzo aveva detto loro di seguirli, si era sistemato bene, non troppo lontano dal campus. Era un modesto appartamento al terzo piano di una costruzione moderna,
“Chi ha soggiogato per liberartelo?”, Alaric portava Liv in braccio, Elena li seguiva con Jeremy,
“Soggiogato?”,
“Bene, si sentiva la mancanza di omicidi per noia”,
“Ehy io vi ho trovato un posto dove stare, no?! E poi il tizio non mancherà a nessuno”, fece tintinnare le chiavi ad altezza del viso di Alaric.
“Non è questo il momento di discutere”, si voltarono a guardarla, “Apri la porta, prima che qualcuno ci veda”,
“Sono le undici, è un mortorio. Chi vuoi che ci veda…”,
“Enzo! Per favore…!”.
Una volta dentro Alaric accomodò Liv sul divano ed Elena la coprì con uno scialle. Il suo viso era sofferente, ma Jeremy non permetteva ancora di curarla con il sangue di vampiro.

WHITMORE COLLEGE
Si era risvegliata cercando di riempire i polmoni d’aria, Stefan accanto a lei, le teneva il viso tra le mani, le mani di lei a stringersi su quelle di lui,
“Mi dispiace, non sono riuscita a dirgli…che lo salverai, non ho avuto…tempo”,
“Non sforzarti, prendi fiato…”
“Si…”. Il colpo alla porta li fece sussultare, si alzarono e Caroline aprì.
“Brandon! Che ci fai qui?”, l’aveva conosciuto al corso di psicologia e le era stato d’aiuto passandole le lezione nel periodo post lutto,
“Non ti ho vista a lezione, così ti ho portato gli appunti e..oh, non sei sola…”, aveva visto Stefan , ancora seduto sul letto di Caroline.
“No, lui è…è solo un amico, si”. Il tono, l’espressione ed il tenore di quelle parole fecero stringere le labbra di Stefan in una smorfia di fastidio, non sapeva spiegarsi il motivo, ma provava come un pizzicore, un fastidio, un’irritazione nel vedere Brandon.
“Usciamo, vuoi?”, Caroline si era richiusa la porta alle spalle, al sentiva parlare e poteva immaginarla sorridere, l’impulso vinse ed aprì la porta, ponendosi tra i due,
“Non vorrei sembrarti villano, Brandon giusto? Sono Stefan”, si strinsero la mano, “..ma noi stavamo scrivendo un saggio, per cui…”
“Si, infatti…Ci metto un momento, Stefan…”,
“La consegna è per domani”,
“Ho capito, non volevo disturbare il vostro studio. Se hai bisogno di altro fammi sapere e grazie per le lezioni di biologia”, Brandon la salutò velocemente, mentre Caroline, contrariata e perplessa, rientrava in camera seguita da Stefan.
“Non guardarmi così…e se il transfert fosse partito davanti a lui, cos’avresti fatto?”,
“Avresti potuto soggiogarlo tu…! Andiamo Stefan, quello che hai fatto è stato..sgarbato, Brandon mi ha aiutata molto in questi mesi, è un buon compagno di studio e…”
“E c’era quando non c’ero io”, la stava fissando.
“Non volevo dire questo….”
“No, no, va bene. Io lo capisco.”
“Non hai fatto nulla di strano ok? Poteva andare e dovevi, per tuo fratello”.
Ripresero il discorso interrotto da Brandon. Caroline spiega a Stefan che il primo transfert le era stato indotto da questa donna che dubita voglia farsi vedere di nuovo in giro.
“Caroline questo è un altro motivo per cui devi prestare attenzione qui e fuori di qui. Se ti avvicinasse di nuovo? Non credo sia una buona idea frequentare qualcuno al momento”,
“Brandon è solo un compagno di studi, te l’ho detto. La mia vita sentimentale è…inesistente e sinceramente non cerco il romanticismo, o la favola, e non aspetto più il principe azzurro. Ho sofferto abbastanza”. Si fissavano in silenzio. Seduti alle poltroncine vicino al fuoco del camino.
“Caroline, so che probabilmente vuoi far finta che non sia successo, ma…dobbiamo parlarne”, non poteva offendere la sua intelligenza negando di capire a cosa si riferisse, perciò si limitò a
“Sì, ok. Parliamone.”Stefan poggiò le braccia sui gomiti, abbassando la schiena e avvicinandosi a lei,
“Ci siamo baciati”,
“No..no…è tutto troppo strano…io non posso”, si alzò di fretta prendendo il giubbotto e le chiavi dell’auto, intenzionata a guidare fino in capo al mondo pur di evitare quel suo sguardo. Ai suoi movimenti Stefan rispose spinto da qualcosa di irragionevole, l’aveva trattenuta per un braccio, facendola voltare e baciandola, premendo forte le labbra sulle sue.
Liberata da quell’abbraccio, Caroline, più lentamente di quanto avesse voluto, stava guadagnando l’uscita. Ridestato dal chiudersi della porta, Stefan, come riportato alla realtà, parlando più a se stesso che a Caroline ormai assente: “ Non era troppo strano…”
Fan fiction the vampire diaries st.6 ep.6
Tutto l’amore di una madre.
RICHMOND
Tyler e Matt ne avevano discusso fino all’alba, avrebbero accettato l’invito di Adam. Peyton aveva rassicurato loro: avrebbe cercato Jamila al suo appartamento e se non fosse stata lì, sarebbe tornata indietro, non l’avrebbe cercata a villa Parker. Adam aveva citofonato dall’esterno della villa al maggiordomo di famiglia. Matt si guardava intorno con incredulità maggiore anche di quella che provava da quando viveva a casa Lookwood: un piccolo viale adiacente l’ingresso conduceva ai campi da tennis, sulla destra invece c’era una discesa ad un piccolo lago artificiale che il padre di Adam aveva voluto installare alla nascita della figlia. Una targa commemorativa sui loro genitori accoglieva ospiti e visitatori sul grande giardino adiacente il laghetto, vi era, infine, una piccola serra, dove la madre coltivava diverse specie floreali, Peyton vi lasciò lo sguardo, nostalgico, mentre entravano in casa.
“Allora?! Non è stupenda, amico?”, Adam allargava le braccia forzute in segno di appartenenza, la sua arroganza e la ritrosia di sua sorella innervosivano Matt oltre ogni dire.
“E’ una casa stupenda, non c’è che dire”,
“Potete fermarvi per il tempo necessario, sicuramente fino alla prossima luna piena, per quella data sai che io e Peyton dovremmo tornare”,
“Lei non deve necessariamente seguirti! Perché non la lasci qui?”, aveva aperto la bocca senza dosare il tono di quelle parole, Adam gli sorrise, di un sorriso che non coinvolgeva gli occhi, si diresse all’angolo bar, una volgare riproduzione di un bancone di Tijuana che aveva installato dopo la morte del padre. Seymour Johnet era stato un noto architetto, sua la mano che aveva progettato le ville più imponenti ed importanti di Richmond, aveva osteggiato quel proposito con tutto se stesso, “Adam è deturpante per la struttura della sala”.
“Il posto di mia sorella è con la famiglia. Il branco è la famiglia. IO sono il branco!”,
“Matt…”, il cenno del capo di Tyler in segno di negazione fu solo appena pronunciato, bastò per zittirlo. Si sentiva un estraneo, non solo per la scarsa conoscenza con quelle persone, o con le loro abitudini, trovava che quel mondo di regole speciali e selettive che per sua natura lo tagliavano fuori, potevano considerarsi una ferita inferta su ogni manifestazione di buon senso, ma doveva ricordarsi perchè erano lì, cosa dovessero recuperare: la tranquillità di Tyelr, la possibilità di tornare a casa, l’aiuto di Jamila per lui e per gli altri epr tornare a Mystic Falls.
Adam si congedò da loro dopo una raccomandazione fatta a sua sorella minore che suonava più come una minaccia, sapeva dove potevano e dove non potevano andare, così le aveva detto. Peyton li condusse alle loro stanze,
“Pensavo l’’avremmo condivisa”, Matt era sulla soglia di un’enorme camera, con balcone e bagno privati, che affacciava sul laghetto artificiale.
“Le camere non ci mancano Matt”, la malinconia di quelle parole diceva per lui molto più di quanto Peyton volesse lasciargli intendere.
“Bene, sistematevi pure, io andrò a fare quel giro ora, se avrò novità vi chiamerò”,
“Peyton non una mossa azzardata. Abbiamo conosciuto dei Parker recentemente, e sembra altamente improbabile si tratti di omonimia…”,
“Rispetterò i patti, voi curiosate in giro nel frattempo, godetevi la villa, non lo fa quasi più nessuno ormai”,
“Non ci giurerei, il giardiniere non semrbava felice di vedere tuo fratello”, Peyton gli rivolse un timido sorriso. Matt disfaceva il borsone quando Peyton passò dinanzi la sua camera,
“Ehy, aspetta”, con slancio le andò incontro, mentre lei arrestava il passo,
“Fa attenzione, ok?”
“Non hai nulla di cui preoccuparti, anche volendo non sarei la benvenuta a villa Parker, se sospettassero che cerco Jamila lì mi rispedirebbero al mittente immediatamente”,
“Tu sta attenta comunque”. Non accettava il comportamento che Adam aveva verso di lei, se lui avesse ancora Vicky….

FUORI MYSTIC FALLS
Il cartello di benvenuto in città sembrava guardarli sbeffeggiandoli, Enzo con le braccia al sen conserte lo guardava corrucciandosi,
“Non posso crederci, riesci a stare zitto per più di due minuti”, Alaric lo aveva implorato di tacere da quando avevano lasciato Richmond,
“Parlare era un modo per evitare che lo facessi tu, tra i due preferisco ascoltare me stesso, inoltre tra poco sua lagnosità sarà qui e mi serve un momento di raccoglimento, sai, per non spezzarle il collo”,
“Non serve sai, essere sempre così stronzo, vi ho visti dall’altro lato, so cosa avete passato tu e Damon, dovrai abbassare la guardia prima o poi”,
“L’ultima volta che ricordo di averlo fatto il mio corpo è diventato un sushi bar d’asporto”, Alaric gli si era fatto accanto, percepiva la sua difficoltà, al tempo stesso però gli avrebbe spezzato il collo,
“Sai se vogliamo riuscire un minimo ad andare d’accordo, o quantomeno a parlarci senza paletti di legno di mezzo…”
“Vogliamo?!”
“Ho detto se, vorrei chiarire una cosa: quei ragazzi sono importanti per me, Elena e Jeremy sono la mia famiglia e anche Damon lo era, ora non so per quale motivo si sia fidato di te, io non lo farò, non permetterò ai miei ragazzi di farlo, è stato sconsiderato pressare Damon per ottenere ciò che volevi e semmai riusciremo a riportarlo indietro voglio che tu ricordi queste parole: lui non è più quello che ricordavi, è un uomo diverso ora, un uom…”
“Ho capito è un uomo diverso, con una vita diversa, con una morale diversa. Dove l’ha portato la sua morale?! No, non è finito chissà dove a causa mia! La sua motivazione è stato Stefan, io ero già fuori da ogni suo pensiero e può darsi che vi sto aiutando per avere il piacere di rispedirlo personalmente all’altro mondo proprio per questo! Tu piuttosto inutilmente ti laverai quella coscienza! Sei passato prima di lui dall’other side perché ha scelto di rimandarti indietro! Di rimandarti da chi poi eh?! Da dei figli che non sono neanche figli tuoi?! Lui aveva una vita e ha fatto passare prima te! Hai più responsabilità di me, amico!”. Non la sentirono arrivare presi dalla discussione, Elena li guardava, incredula alle parole di Enzo. Alaric non le aveva detto, e lei non aveva in realtà chiesto, come andò quel giorno, non voleva recriminare nulla, era per difendere quella famiglia che ora gli veniva restituita, che lui era morto, come poteva fargli una colpa di essere tornato?!
“Stai bene?”, la domanda provenne da Enzo, il che rendeva il quadro di pensieri e sensazioni ancora più picassiano.
“Starò bene. Io si, starò bene. Ci sono delle novità, novità grosse”.
“Siamo tutti dei novelli Mercurio, a quanto pare”.
“Che vuoi dire?”. Si parlarono.

“Se è come dite dobbiamo parlare con Liv, immediatamente! Se è collegata a questa Madame, l’averla rapita non è stata una mossa proprio furba!”, i due annuirono.
Si sentiva nervosa, agitata, viva. Erano passati nove mesi, nove lunghi mesi di apatia, poteva reggere il confronto con quell’esplosione di sentimenti, qualunque essi fossero? Rivoleva la casa dove erano stati felici insieme, dove l’estate precedente aveva sentito tuonare forte il loro amore, voleva preparare il suo ritorno, voleva, più di ogni altra cosa, lacerare le pareti di spazio tempo e luogo, prenderlo per mano e ricondurlo alle loro vite, voleva unirsi anima e corpo al suo pensiero al suo odore, voleva lui, disperatamente, totalmente, dannatamente, eternamente…

RICHMOND
Il tavolo da pranzo era lungo più di sei metri, durante i ricevimenti ristretti aveva ospitato le personalità più influenti della regione, politici, finanziatori, industriali. Le due commensali erano state fatte accomodare ad una distanza minima. Vestite, adornate e profumate come solo in casa Kennedy avrebbero saputo fare. La portata principale fu di costolette d’agnello con contorno di verdure. Non temeva le si sbavasse il rossetto perché fin dalla preadolescenza sua madre le aveva procurato un’insegnante di bon ton, schiena retta perfettamente dalla seggiola, tovagliolo sulle gambe si cui usava solo il bordo.
“Non mangi mia cara?”, stava contraddicendo una delle regole di sua madre, mai rivolgere la parola a chi non avesse terminato la sua portata, ma non poteva assolutamente farne a meno, quella ragazzina le inaspriva i sensi, tanto che s’accorse di aver ceduto alla tensione e di aver riposato il calice sul tavolo con troppa fermezza e decisione.
“No, Madame, il rapimento in generale inibisce il mio appetito”. Jamila la guardava, sfidandola. Sapeva che l’avrebbe tenuta in vita, le serviva un membro della famiglia per localizzare Liv e Luke e disgraziatamente, sebbene non sapessero come, nelle loro vene scorreva lo stesso sangue.
“Quando potrò togliere la rosa dai capelli?”, una rosa gialla le chiudeva un semiraccolto, Madame l’aveva poggiata sui suoi folti capelli rossicci e quella si era arrampicata su di loro come a trarne vita.
“Il punto non è quando mia cara, ma è come. Ti consiglio di non fare da sola, la rosa tende a difendersi, si ritirerebbe fino a conficcarsi nel tuo cranio e mi dispiacerebbe molto perderti, nonostante tutto ti stai rivelando una compagnia interessante dopo tutto”.
Lo scoppio fu improvviso e violento, nella stanza il fumo.
Irruppe nel salone e lanciando un sorrisetto compiaciuto a Madame, verso la sua sinistra, attraversò la lunghezza del tavolo, dirigendosi verso Jamilia.
“Stile inglese, coloniale? Bah non importa, mi piace come hai sistemato, dopotutto”, rivolgendo quelle parole a Madame, strappò la rosa gialla dai capelli di Jamila, che non sentendone più l’imposizione potè alzarsi.
“Su, vuoi rimanere qui?”, Jamila le si mise quanto più possibile accanto, chiedendosi al contempo chi delle due fosse il male minore.
“Non la porterai da nessuna parte!”, Madame si alzò con foga, cercando l’imposizione su di lei, la ragazza le mostrò i canini e, rispondendo all’imposizione la sollevò imponendo le mani su di lei a sua volta,
“Vultus”, il capo di Madame s’inclinò all’indietro, il suo caschetto con frangetta le scopriva il viso e Jamelia potè vedere dei simboli strani ai lati del suo collo, come dei tatuaggi, mentre gli occhi della donna diventavano completamente bianchi.
“Fermati! Non le senti?!”, le urla delle ragazze relegate nell’attico, imprigionate da Madame nel cerchio arrivava a Jamila, più che attraverso le voci di supplica, attraverso lo strazio che sentiva stavano provando.
“Loro non contano, al momento, vuoi uscire di qui o no?!”. Morirono poco dopo, il viso rigato dal sangue uscito loro dagli occhi, i capelli divenuti completamente bianchi. Con la loro morte, la ragazza interruppe l’imposizione.
“Possiamo andare”, Jamila la seguiva, tremante ed incerta.
Madame riuscì solo a sollevare il viso dal pavimento,
“Tu!”, la ragazza che aveva afferrato Jamila per un braccio si fermò, voltandosi:
“Io.”, le sorrise, uscendo.

WHITMORE COLLEGE
Caroline scriveva convulsamente sul diario. Era scappata, scappata dal suo amico che era stato in principio il ragazzo che le piaceva, poi il fidanzato della sua migliore amica, poi il suo mentore, poi un amico, poi il suo appoggio ed ora?! Ora non voleva pensarci, si concentrava solo sul ricordare e trascrivere esattamente tutto ciò che aveva visto e sentito. Non era andata all’appuntamento con Elena Alaric ed Enzo, e fu contenta di vedere Stafan lasciare l’alloggio poco dopo la sua uscita.

FUORI MYSTIC FALLS
“Stefan devi provare tu, nessuno di noi è riuscito a convincerlo!”, Elena stava alzando la voce più di quanto volesse,
“Jeremy non cederà tanto facilmente”,
“Se solo mi avessi ascoltato”,
“Rick non potevo lasciarlo impunito! Luke ha..”
“Ha impedito a Damon di passare, si si si, conosciamo tutti la storia. Provo a parlarci io!”, Enzo tendeva la mano verso Elena che gli consegnò il cellulare.
“Ehilà boscaiolo, come vanno le torture? Bene, sì? Magnifico lavoro quello sul tuo patrigno, ad ogni modo, e parlo per esperienza, di cavie ne trovi a volontà, ma adesso stai usando proprio quella che ci serve per tornare tutti a casa…si si lo so, fai così pensando che debba collaborare, e se ti dicessi che potresti riavere indietro la tua bella?”,
“Enzo no…non dargli ancora speranze”, chiuse la comunicazione mentre Elena cercava di zittirlo.
“Perché dirgli che limoni col tuo ragazzo nel mondo dei sogni è qualcosa di concreto vero? Ad ogni modo porterà Liv qui sul tardi, non vuole che qualcuno li veda…deve averla conciata piuttosto male”, Rick ed Elena si guardarono.

WHITMORE COLLEGE
Lungo la strada del ritorno Elena aveva pensato alle parole di Stefan, e se L’istinto di Jeremy si risvegliasse più forte che mai? Cosa lo governava ora se non l’amore per Bonnie? Temeva fosse l’odio per Liv, temeva che suo fratello stesso commettendo il suo stesso errore, odiare Katherine le era servito solo ad incrinare i rapporti con chi le stava accanto, enon si augurava questo per Jeremy.
“Caroline cosa ti ha fatto quella penna?”, era rientrata trovando Care intenta a scrivere.
“Elena! Ciao”
“….ciao…”, la trovava più strana del solito, ma visto ciò che da poco aveva vissuto lo trovava normale.
“Tu e Stefan..”
“Io e Stefan cosa?! No perché ti ha raggiunta subito!”
“Volevo sapere se, sai, è tutto ok…se avete risolto dopo il suo gesto?”
“Oh, si quello…certo, si tutto ok tutto apposto”.
Il dolore fu intenso e arrivò veloce al suo apice, Elena sputava acqua. Caroline cercava di sorreggerla e di chiamare Stefan, ma su Elena iniziò l’imposizione che aveva già visto su Damon.

ALTROVE
Dov’era?! Un attimo prima parlava con Caroline ed ora…
“Oh non ci posso credere, non è possibile!”, era di fronte a lei, gli stessi vestiti con i quali le aveva promesso di tornare da lei, attento a guardare oltre una finestra.
“Damon…Damon!”, lui non si voltò, non la sentiva, lei accorsa al suo fianco non riusciva a toccarlo. Si voltò verso la finestra, riconoscendo la sua stanza del college e vedendo un altro Damon con in mano il suo diario.

WHITMORE COLLEGE
“Elena! Elena svegliati!”, le toccò il viso e fu come essere attraversata da una scossa, il respiro le mancava e subiva l’imposizione.

ALTROVE
Elena, accanto a Damon continuava a guardare, finchè non si sentì toccare una spalla.
“Caroline, come…”
“Damon! Puoi sentirmi?!”
“E vederti perfino!”
“E lei…”
“Lei chi? Chi altro c’è?”, il volto stravolto, le aveva preso la mano.
“Elena è qui, è accanto a te”.
“No…no….siete…è?!..”
“Morte?! No…non sappiamo come, ma…”. Si risvegliarono di colpo.

WHITMORE COLLEGE
“E’ così che mi è accaduto la prima volta…ma dove eravamo?”
“Non ne ho idea”, Elena sorrideva, ora ne aveva la certezza, era salvo, in una dimensione strana, onirica o forse no, ma lui era lì.
“Cosa stavate guardando?...”
“Questo ti farà uscire fuori di testa…”, Elena le raccontò della visione oltre la finestra.
ALTROVE
Damon era seduto sul davanzale della finestra e guardava lo spettacolo,
“Quel maglione è uno scempio, non lo indosserei mai. E gli occhiali?! Io ci vedo benissimo”, guardava verso l’alto, parlando non sapeva con chi, fino a che sentì la porta dell’alloggio del sé della visione aprirsi. Riconobbe la ragazza della visione precedente, dell’asciugamano e del diario.
“Oh!”, era scattato giù dal davanzale,
“Oh! Mi prendete in giro!!!!?”.
Una di poco diversa Caroline gli stava consegnando gli appunti della lezione mancata.

ALTROVE
“Io ho bisogno di risposte”, la Dama stava curando il suo roseto, Bonnie le si era inginocchiata accanto.
“Lo so”
“Da quando Caroline è apparsa ha preso tutto vita, colore”,
“Questo perché la realtà esterna sta toccando questo posto, ma come vedi ci sono dei risvolti positivi…Mi era mancato l’odore delle rose, potevo coltivarle, ma erano un’illusione della mente, come se materializzassi un ricordo..”
“Che vuol dire questo?”, sul viso di Bonnie irrequietezza, la dama le prese la mano, sorridendo:
“Questo giardino è stato creato da un ricordo, dall’amore di una madre a cui hanno spezzato il cuore”.
Fan fiction the vampire diaries st.6 ep.5
Uno, nessuno e centomila.
Richmond.
“Perché diavolo mi hai trascinato qui, ora?! Dobbiamo tornare dai ragazzi, faresti meglio a parlare di questa soluzione alternativa, prima che ti lasci da solo o che ti riprenda a calci in culo!”, Enzo si voltò di botto:
“Non mi hai levato le mani di dosso perché ti ho detto che forse sapevo come riportarlo indietro, ma solo perché te l’avrei spezzate”,
“Sai che ti dico? Come ti pare! Io torno a casa! Sei stato più di mezzo secolo rinchiuso, vedi aria per quanto? Due settimane e fornisci la panacea per i mali che stiamo attraversando?...io non ti credo!”. L’espressione di indignazione e sofferenza sul viso di Alaric incrociò quella seria e spogliata della maschera menefreghista di Enzo, mal si tolleravano, ma avevano, che gli piacesse o meno, una persona in comune. Enzo avanzò qualche passo verso Rick, gli indicò un bar notturno e si incamminarono. Enzo poteva camminare solo di notte, perciò aveva fretta. Ordinò un bordeaux invecchiato al punto giusto, soggiogando il barista a portargli tutta la bottiglia e ad allontanarsi, ne offrì un bicchiere ad Alaric:
“No grazie, preferisco…”,
“Cos’è? Fai anche il difficile? Il tuo fegato non ne risentirà, tranquillo”,
Alaric spinse il bicchiere verso di lui perché glielo riempisse. Aveva scelto il tavolo più vicino all’entrata, non aveva perso l’abitudine di guardarsi le spalle, era un refuso del terrore che aveva vissuto in cella, un ultimo dono dell’Augustine, la sua disinvoltura era come una tavola di marmo sorretta da piedi di cartone, impossibile a reggersi, e senza Damon, si era aggiunta come componente lo smarrimento e la pena per se stesso, per essere incapace di sopportare quel mondo, per lui nuovo, senza il suo amico.
“Nell’altro lato, mentre cercavo Silas per fargli insegnare l’incantesimo a Bonnie, l’ho visto parlare con una strega, sembrava conoscerla bene…
Rick lo guardava, attento,
…voleva impedire che Silas tornasse, che comunicasse con Bonnie, ed in qualche modo ha invocato il vortice”
“Che vuol dire invocato? Nessuno poteva controllarlo!”,
“Non ho detto che lo controllava. Non. Interrompermi.”
“tz…”
“Si preparava per cercare la pace, per passare oltre, e teneva la mano sul braccio di Silas, quando il vortice è arrivato, Silas le ha chiesto perché e lei ha risposto che Madame era rimasta silente, ma era venuto il tempo…poi ha cercato di lanciarlo verso il vortice”,
“Una vecchia strega ha cercato di lanciare il più potente bastardo che abbia mai camminato sulla faccia della terra verso qualcosa?! No, non è possibile”
“Lui ne aveva timore, e oserei dire rispetto”
“Ora la certezza che stai blaterando!”
“L’ha chiamata “madre”, quest’informazione influisce sulla possibilità che tu stia finalmente zitta e mi lasci finire?!”, Alaric, già avviato alla porta, tornò indietro con riluttanza e si mise a sedere.
“Come sai, Silas è riuscito ad indottrinare la nostra bella àncora, per cui la donna ha fallito il suo compito”
“Come?”
“Quando ha capito cosa sua madre stava per fargli l’ha scaraventata verso il vortice. Forse quella povera donna era convinta che in ultimo avrebbe fatto la cosa giusta.”
“E poi è venuto a riprenderselo a quanto pare, questo in che modo ci aiuterebbe?”
Enzo sorseggiava il secondo bicchiere.
“Perché mentre il vento la sollevava e tirava via da quel figlio degenere, gli ha urlato di trovare i Parker a Richmond e di fermare Madame per salvare le anime dell’altro lato. Credo confidasse che il figlio si muovesse se non a compassione, per egoismo, per eliminare qualcuno che minacciasse più potenza di lui”.
“Per questo siamo a Richmond? Vuoi fermare questa donna? Io sono un originario, tu avrai subito torture che ti hanno forgiato il carattere, ma non siamo Silas”. Disgustato, Enzo gli versava il secondo bicchiere di vino.
“Non voglio fare squadra con te perché sei abbastanza disturbato da seguirmi, ho una pista, io ho qualcosa non come quei mocciosi!”,
“Quei mocciosi, come tu li chiami, erano la sua famiglia!”, Enzo non si scompose, aveva rifoggiato il bicchiere sul tavolo e ne carezzava il bordo:
“Sono stato io la sua famiglia, per molto tempo”.
“So che ti ha lasciato un messaggio”, la voce distesa,
“Uauuu, Barbie non perde un colpo”,
“No…non è stata lei a dirmelo”, nel loro sguardo l’intesa. Enzo faticava ad accettare che Damon si fidasse così profondamente di qualcuno che non era lui, doveva accettare che mentre lui aveva messo in stand-by la sua esistenza, dietro quelle sbarre, Damon era andato avanti, aveva costruito rapporti duraturi, alienati dai ricordi, e ora pretendeva da qualunque posto fosse finito, che lui facesse lo stesso, non aveva calcolato però quanta poca fiducia gli era rimasta nel genere umano, e quella poca che ancora c’era portava il suo nome. Si risolse di seguire Rick, non per lui, non per i mocciosi, non per Damon, ma per darsi la possibilità di chiudere quella porta che sente spifferargli alle spalle il gelo ed il dolore del tormento passato.


FORESTA, VIRGINIA.
Matt si guardava attorno, sembrava fossero tutti regolati come le molle di un orologio, un ingranaggio sincronizzato sui desideri di Adam, c’era persino un cambio di guardia fuori la sua tenda. “Quell’esaltato”, ciò che pensava rifletteva attraverso la smorfia di disprezzo che le sue labbra inarcarono quando vide tre donne in abiti succinti entrare nella tenda, Tyler parlava con i suoi vecchi compagni di branco, e poco dopo Matt vide uscire due delle tre ragazze. Sentì chiaramente il sollievo nella loro voce quando si dissero che per quella sera l’avevano scampata.
“Incuriosito?”
“Mmm?”, la ragazza era dietro di lui, gli porgeva una birra ghiacciata.
“Grazie”,
“Io sono Peyton”, gli tese la mano, che Matt accolse, presentandosi a sua volta.
“Perché gli permettere questo? Perché non andate via?”, Peyton sorrise. “Sembra semplice vero? Salutare, anzi non salutare, ed andarsene, prendere il sentiero, scendere a valle, ricominciare a vivere”,
“Bhè, si, per me lo è”, lei sorrise, mentre si incamminava verso le voci che l’avevano chiamata.
“Lasciala perdere, amico”. Tyler gli si era avvicinato.
“Come fai a resistere a quest’impulso? Io avrei voluto spaccargli la faccia già un centinaio di volte”,
“E’ l’alfa, Matt. Metterei in difficoltà quanti tra il gruppo scenderebbero in campo a sottrarmi alla sua furia”.
“Sembrano asserviti”,
“No, funziona più come una grande famiglia disfunzionale. E’ questione di fiducia, anche se c’è chi non sopporti in famiglia, è comunque la famiglia. E lui tiene ordine, sebbene a modo suo”, al pianto della terza ragazza che usciva dalla tenda, si voltarono entrambi, aveva morsi sulle braccia e sulle gambe. Adam uscì poco dopo, evidentemente ubriaco, si avvicinò a Tyler e posandogli le mani sulle spalle:
“Amico mio! Voglio farti un regalo! Che ne diresti di una fuoriserie?!”
Matt sorrise sarcastico, e Tyler, insospettito chiese se era diventato ricco.
“Ora sì”, una risata soffocata dall’alcool si fece strada da Adam, che tracannando la birra di Tyler tornò nella sua tenda.
“La festa è finita gente!”.
Quella notte Matt non dormì, non poteva, non aveva idea di cosa aspettarsi, soprattutto doveva vigilare su Tyler, non avrebbe permesso che l’unico tra i suoi amici che stava recuperando al sua esistenza se la vedesse portata via da un mentecatto.
“Matt!”, bassa, ma decisa, la voce di Peyton invitava lui e Tyler a seguirla lontano dall’accampamento.
“Peyton, devi andartene di qui!”
“Tyler..”
“Ha ucciso i vostri genitori.”
“Un momento! Tu e quel mostro siete fratelli?”, Matt la guardava e nei suoi occhi la domanda: cosa poteva aspettarsi da lei?
“Io non sono come lui. Tyler, Jamila aveva capito, ne era venuta a capo!”
“Dimmi!”
“I licantropi non sono di un’unica specie, ci sono più gruppi, più gerarchie, ma funzionalmente sono organizzate a seconda della razza genetica”,
“Razza genetica?!”
“Bruni e vermigli. Io e Jamila abbiamo dato questi nomi pensando al colore del manto, non sappiamo quali sono quelli…bhè…scientifici...”
“Va avanti…”
“Nei primi il gene passa alla progenie maschile, nei secondi a quella femminile e se entrambi i genitori sono delle due specie o nascono bastardi potenziati come mio fratello, o…”
“Tu.”
“Io.”, Matt tagliato fuori dal discorso cercava di raccogliere tutte quelle informazioni, gli scoppiava la testa. ”Che vuol dire tu?!”. I luminosi occhi neri di Peyton incorniciati da riccoli ancor più neri interrogavano Tyler, che si voltò verso Matt:” Lei può trasformarsi senza dolore, senza subire l’influsso della luna, senza essere schiava delle pulsioni e della rabbia e…senza aver ucciso nessuno”, si voltò a guardarla sorridendo, “il licantropo ideale, e geneticamente perfetto”, sorrise.
“Ma allora tu hai la precisa responsabilità di liberare tutte queste persone, se è come dici puoi facilmente mettere al suo posto Adam!”
“Non è così semplice, è mio fratello e deporre l’alfa significa ucciderlo.”
“E sebbene abbia ucciso i vostri genitori, rimane tuo fratello”, il pensiero di Matt corse a Vicky, e forse parlava più a se stesso che a Peyton, non poteva biasimarla se cercava di redimere suo fratello.
“Peyton, dov’è Jamilia?”
“Ty…Adam crede se ne sia semplicemente andata, io la sapevo a Richmond, convocata dalla sua congrega di streghe. Mi aveva detto che sarebbe tornare, fosse solo per prendere un po’ del mio sangue e studiare un antidoto, ma non riesco più a rintracciarla, è sparita…”
“Dove si trova questa congrega?”
“Villa Parker”
“…Parker”…Matt si voltò, lui e Tyler si guardarono.

WHITMORE COLLEGE
“Come ti senti?!”
“Io…confusa, stordita…ed ho fame”, Elena prese una sacca di sangue dalla loro riserva e la diede all’amica, la guardava col cuore ricolmo di speranze inespresse, con un ottimismo che si autocensurava e con la voglia di chiederle tutto di questa sua visione, che le stava scoppiando in gola, urlo sordo, parzialmente distratto dall’avvertire il disagio di Stefan, teneva Caroline attratta a sè, l’aveva sollevata ed adagiata sul letto, eppure non riusciva a staccarsene, le prendeva, alternativamente, la testa fra le mani, e le mani nelle sue, riuscì a staccarsi solo quand’ella gli disse “E’ tutto ok, Stefan, sto bene, ora”,
“Sembravi affamata come…”
“Come fossi in transizione…”, si guardarono confusi.
“Caroline, cosa hai visto?!”
“Elena…io devo scusarmi con te…io ho cercato in tutti i modi di toglierti ogni speranza, ogni appiglio, non sono stata una buona amica, non volevo accogliere quella tua confidenza, non….Non ho permesso a me stessa di credere che ci fosse un modo per riportarli indietro, che ancora una volta l’avremmo scampata”, si voltò a guardare Stefan che annuiva, “non ho avuto fede. Perdonami se ho cercato di toglierla anche a te”,
“Non pensarci ora, hai trovato un modo di reagire, e l’hai seguito, mi hai trascinata fino ad oggi, son viva perché ti è importato che fosse così, non posso rimproverarti se hai concentrato le tue energie su chi restava qui, accanto a te, da proteggere, ma, per favore, ti supplico Care, tu devi dirmi cos’hai visto!”. Caroline raccontò loro di come urlasse cercando di attirare l’attenzione di Damon e di Bonnie, di come le sembrava che Bonnie fosse libera di vagare in quel mondo, di come i tormenti di Damon sembravano aver preso vita e consumarlo dall’interno, invocava Elena, ed il nome dell’amata si perdeva nelle lacrime prima che lui stesse perdesse percezione di sé. Elena le mostrò gli anelli, ma Caroline non seppe dirle se Damon avesse o meno il suo.
“Come hai fatto? Voglio dire, sei uscita di qui e?”, il rimorso di Stefan per quanto le aveva fatto era troppo forte per liquidarlo con delle scuse durante quella spiegazione, necessitava di trovare un momento per parlarle.
“Una donna mi è apparsa davanti, non l’ho sentita arrivare, non ho fatto in tempo a capire chi fosse, se l’avessi mai vista prima, aveva una vestito bianco con un cinturino di perline verdi, di una bellezza che mi ha abbagliata e due dolcissimi occhi azzurri”,
“E questa donna ti ha detto qualcosa?”, Elena guardava Stefan accigliarsi.
“Mi ha accarezzato la guancia e dopo ha detto “Và da Stefan”…”, Stefan scatto in piedi.
“Non…non può essere…”,
“Stefan!chi è? Chi è quella donna?”, Elena e Caroline, che nel mentre si era alzata, impaurita dal suo scatto improvviso, attendevano che lui parlasse.
“Io ricordo una donna, ero molto piccolo…In sogno, lei carezzava Damon e diceva “Và da Stefan”, ricordo che mi svegliavo impaurito e correvo in camera di mio fratello per dormire con lui”
“E ti succedeva spesso?”
“Ogni notte, per molti anni. Nostro padre aggiunse un letto in camera di Damon, e i sogni sparirono. Quando partì in guerra dormii da solo, ma non sognai altro, e comunque dopo non molto…”
“Arrivò Katherine”, Elena lo incalzava.
“Sì, arrivò Katherine”.

ALTROVE.
Bonnie passeggiava con la Dama,tra i roseti, guardava le altre ragazze disporsi in cerchio per ascoltare la Dama, le aveva riunite perché il tempo era vicino, così le aveva detto, “Bonnie è vicino il tempo che le decisioni vengano prese, sei stata troppo qui, i patti non erano questi, ma hai portato con te un interessante aggiunta, devi capire che tutto questo è mosso da me per qualcosa che mi sta molto a cuore, e tu mi sei molto cara, sei l’ultima di una gloriosa stirpe e hai un cuore generoso, per me è stato un onore accoglierti qui, ma è tempo che tu ritorni, vedo che il tuo cuore ha già scelto cosa tu devi essere, cosa il tuo animo ti suggerisce, non potrei essere più fiera di tanta risolutezza, ma la nostra interessante aggiunta…è un’aggiunta molto testarda! Questo non è un aldilà, è un rito, voi avete una scelta da compiere, e per lui si sta rivelando ardua. Io ti chiedo di aspettare questa sua decisione. E’ stata la tua natura di àncora a trascinarlo qui, la tua anima è responsabile della sua in questa realtà”. Era passato qualche tempo da quando le aveva parlato a quel modo, e Bonnie sentiva l’inquietudine di ciò che stava per accadere, non sapeva spiegarselo, ma sapeva che quando e se lei e Damon fossero riusciti a tornare, ci sarebbero state conseguenze. Lei non aveva deciso nulla in cuor suo, desiderava riavere la sua vita, questo si, ma sul cosa essere e quando esserlo…non aveva idea di cosa la Dama intendesse.
Le ragazze si erano disposte ad ascoltare la Dama, narrò di un fattore che seminò erbe troppo vicino al suo piccolo recinto di bestiame. Una sera, un agnello, incuriosito dagli aromi, tentò di oltrepassare il piccolo recinto, riuscito a passare oltre la barriera di legno, fu fermato da una volpe, volpe con occhi rossi e zanne. Mentre raccontava, preparava una miscela di erbe, facendo disporre le ragazza in cerchio, passò la miscela sulla fronte e sulle labbra di undici di loro, fino a giungere a Bonnie, che non unse.
“E’ il tempo Bonnie, molte cose stanno accadendo, la sicurezza di questo posto è minata. Lui deve scegliere”.

Gli occhi di Damon tornarono del loro azzurro vivo, mentre il ragazzo veniva rilasciato dalla forza che lo teneva sospeso, con grazia fino al pavimento. Era, dopo molto, finalmente presente a se stesso. Guardava e tastava il suo corpo, fino a che si accorse di non avere l’anello, e ricordò di non averlo da molto ormai, di averlo lasciato ad Elena. Non sapeva come ciò fosse possibile, ma ammise a se stesso che quel pensiero lo consolava, lei sapeva. Sapeva che sarebbe arrivato all’inferno e fatto ritorno, tutto pur di mantenere quella promessa. Si diresse verso l’alta porta in legno bianco, e afferrò la maniglia, fu respinto con violenza verso la parete. Si alzò a fatica e da una delle finestre prese vita una specie di filmato. Poteva vedere se stesso, al college, sistemare la moto di Stefan, il diario di Elena, e l’anello lasciatole nel comò. Batte i pugni sul davanzale con violenza.
“Bonnieeeee!!!!”, urlava. Un urlo potente e al tempo stesso spezzato da quel nodo in gola che non si decideva a lasciare andare.
“Stefan…Elena…”, rivolse uno sguardo alla stanza, “Non c’è nessuno che mi ascolta! Tanto vale uccidermi, piuttosto che tenermi qui! Perché tenermi qui se neanche l’altro alto mi ha voluto per più di cinque minuti eh?! Sono un tipo difficile, rispeditemi a casa! Mi sentite?!”, guardava verso il soffitto. Sentì la porta aprirsi, e vide comparire Bonnie.
“Oh, grazie al cielo!”, si abbracciarono.
“Bevi, Damon”, gli porse il polso, da cui Damon si staccò poco dopo.
“Cos’è questa specie di grande fratello?!”
“E quello che avresti potuto avere, o che potresti volere o non volere mai…”
“Cos’è?! La morte ti ha resto ancora più criptica?”
“Damon, devi accogliere ciò che il tuo cuore ti suggerisce, e devi farlo per te, non per altri, o non potrai lasciare questa stanza ed attraversare con me questa porta, e la Dama ha fretta. Ha detto che Jeremy ci ha dato un vantaggio, ma non so cosa vuol dire, so solo che abbiamo una possibilità per tornare a casa”.
Damon, che si era girato a guardare quel se stesso diverso, e di cui non capiva quanto di lui c’era in quella visione, guardando l’altra finestra e la disposizione della stanza, si accigliava incredulo e dolorosamente insospettito:
“Hai detto Dama?!”, Bonnie lo interrogava con lo sguardo, fino a che non si sentì richiamare,
“Devo andare Damon, ma tornerò presto. Tu pensa a ciò che ti ho detto, interroga il tuo cuore, fallo alla svelta!”. Uscì velocemente.
Dama era inginocchiata, affaticata. Permettere quell’incontro le costava l’ira dei suoi avi e dei congiunti. Non dovrebbe essere lì, combatteva il corso degli eventi da quando grams era ricorsa a lei, ma non avrebbe potuto, né voluto, fare altrimenti.

MYSTIC FALLS
Jeremy lavava via il sangue di Liv dalle scarpe, le aveva spezzato il polso della mano destra perché la stupida si era lasciata sfuggire che non esercita la magia in altro modo se non con l’imposizione delle mani. La stava nutrendo, doveva trovare un modo per far rientrare tutti a Mystic Falls, non poteva riavere Bonnie, o Damon, chissà che avrebbe detto Damon di tutto questo?...ma rivoleva Alaric ed Elena a casa, e Liv era la chiave.

WHITMORE COLLEGE.
Elena era uscita, Enzo l’aveva chiamata e a conferma delle sue parole, Alaric la rassicurava di incontrarsi fuori Mystic Falls, forse potevano fare ancora qualcosa. Stefan le aveva detto di avviarsi, avrebbe aspettato Caroline, era il minimo dopo ciò che aveva fatto.
Caroline aveva fatto una doccia, velocemente aveva asciugato i capelli e si sentiva a disagio nel sapere Stefan ad attenderla nella stanza accanto. Avrebbe fatto riferimento al suo arrivo, e lei non voleva che si scusasse, che si sentisse in colpa. La compassione, il senso di colpa, il dovere, erano i punti deboli di lui, ora proprio lei aveva provocato una ferita tra quelle che questi sentimenti gli avevano lasciato nell’animo, in parte lacerandolo. Fece un profondo respiro, pronta ad esibire il suo più sincero sorriso, ma quando uscì dal bagno lo vide seduto ai piedi del suo letto, con il suo peluche in mano ed il capo chino.
“Non ho scusanti”,
“Stefan…”
“Ti prego, lasciami finire, è giusto così”, guardava da un capo all’altro della stanza, non riusciva a guardarle il viso, Caroline capì la frustrazione che provava, il senso di smarrimento e delusione per se stesso, per essersi lasciato andare, come forse Damon avrebbe fatto, ma erano diversi, profondamente diversi. Stefan non avrebbe mai più giudicato l’impulso di suo fratello a proteggere chi ama, né i mezzi tramite cui riesce nel farlo, ma non poteva essere lui, doveva accettare i rigidi limiti che la sua coscienza gli imponeva e sebbene il gesto di zittirla attraverso una morte momentanea potesse essere effettivamente troppo forte, forse persino per Damon nei suoi momenti migliori, lei lo capiva. Avvicinò la sedia di fronte a Stefan, gli tolse il peluche dalle mani e lo costrinse a guardala, gli sorrideva, come sempre. Lei c’era, come sempre.
“Sono stato ingiusto, proprio con te. Non riesco ancora a credere di averti fatto del male e spero ardentemente che troverai in cuor tuo la forza per scusarmi”,
“Non sei l’unico ad avere colpe. Non ho capito il momento, non vi ho capiti, né te né Elena, né Jeremy. Mi sono concentrata ad andare avanti, tu eri tornato dall’altro lato e questo mi ha permesso di affrontare il lutto con leggerezza…Oddio sono orribile, è di tuo fratello che stiamo parlando e della mia migliore amica, ma la verità è questa: ho cercato un modo di andare avanti, non rispettando forse il vostro dolore, ma credevo ne avessimo tutti bisogno. Ora mi rendo conto che avevamo solo bisogno di stringerci per alleggerire le nostre pene. Sono stata una stupida, a non chiamarti quando eri a New Orleans, a non lasciarti modo di spiegare la faccenda di Luke, ed accetterò le tue scuse solo se tu accetterai le mie”.
Stefan si alzò tirandola per un braccio, l’abbraccio adagiando perfettamente il corpo al suo, com’era confortante il suo abbraccio, quanto riusciva a calmarlo…Caroline sentì che stava diventando diverso quello che provava mentre lo stringeva a sé, sentiva la protezione e l’esser stretta, Stefan le carezzava i capelli, che si sorprese ad assaporarne il profumo, Caroline istintivamente si distaccò di poco, fino a che si trovarono a guardarsi, lei aveva sciolto l’abbraccio, lui le carezzava la guancia destra e le teneva il braccio sinistro. Arrivò così intenso, insensato, ed inaspettato che quando le loro labbra si staccarono non riuscirono a proferire parola, e Caroline approfittando della velocità che la sua condizione le donava, si allontanò dall’alloggio.

Fan fiction TVD st.6 ep 4.

Fan fiction the vampire diaries st.6 ep.4
titolo: Divorare la fiducia.

WHITMORE COLLEGE

“L’hai fatto sul serio!”
“Non è un buon momento per dirmi cosa posso o non posso fare. In questo caso chi posso o non posso uccidere!”.
Si voltò guardando Caroline con fare rabbioso, sapeva che non tollerava suo fratello, ma si augurava avesse la decenza di rispettare questo momento. Momento suo e di Elena, perché se non era stato in grado di portarle una risposta, se le toglieva anche la speranza, perlomeno le offriva la vendetta, non che bastasse ovviamente, ma la voce di Caroline che lo riportava ad essere quello che a tutti piaceva, quello da cui tutti si rifugiavano certi e tranquilli, quello che a lei piaceva, quello che forse Elena un giorno aveva amato, adesso era intollerabile.
“Stefan! Non sappiamo neppure com’è andata! Hai potenzialmente ucciso un innocente!”, il gesto fu così veloce che diede ad Elena giusto il tempo di alzare lo sguardo dalla testa al corpo di Caroline, le aveva spezzato il collo e stava in piedi di fronte a lei. Voltò lesto il viso verso Elena.
“Doveva stare zitta! Le avevo detto di stare zitta!”, Stefan premeva forte le mani nei capelli.
“Si, doveva stare zitta”, Stefan la guardò perplesso, non si aspettava certo che giustificasse quel gesto violento, pensava che l’avrebbe tollerato al meglio delle sue capacità emotive, non che restasse così calma, di fronte a tutto: di fronte a lui che uccideva temporaneamente Caroline, di fronte alla testa dello – e ne era certo – sporco assassino di suo fratello, perché tale considerava Luke…no non sia spettava un’Elena così fuori da ogni comprensione.
“Devo dirti qualcosa, Caroline non ha voluto darmi ascolto, sinceramente facevo fatica a credermi io stessa, ha ipotizzato che stesse iniziando un principio di pazzia, che il solo pensare che non ci sia un posto dove raggiungerlo mi stesse maciullando dall’interno..ma non è così!”. Mise calore nelle parole finali, mentre si avvicinava a Stefan e prendendogli le mani, gli consegnava i due anelli di Damon.

FORESTA DELLA VIRGINIA.
“Sei sicuro che potranno aiutarti?”
“Non lo so, ma devo tentare. Io ho aiutato molti di loro con le prime trasformazioni ed ora mi sento come se stessi per esplodere, è qualcosa che ho già vissuto e non posso, non di nuovo Matt”, nelle parole di Tyler la consapevolezza di avere una seconda possibilità. Si fermarono ad una stazione di servizio poco fuori quei monti dove aveva aiutato tanti licantropi a sopportare le trasformazioni quando era un ibrido, erano il suo gruppo di sostegno, lo sarebbero stati ancora.
“Ma non devi uccidere qualcuno per far scattare l’interruttore della maledizione?”
“Certo, e vorrei evitarlo caldamente. Ora sono di nuovo umano, sento in modo diverso il peso di tutte quelle morti…e non so, era più facile prima”,
“Prima?”
“Quando ero un ibrido, ok? Non avevo tutta questa…rabbia!”
“Già, non scordare come ci sei arrivato ad essere padrone di te stesso”
“E’ per questo che siamo venuti qui”
“Cosa pensi di trovare per l’esattezza?”
“Uno stimolo”
“Per cosa?”
“Per non uccidere, per non tornare ad essere un licantropo”.

MAGIONE SALVATORE
L’aveva presa per il bavero della giacca di jeans e trascinata come un pacco della spazzatura, era ancora svenuta, Stefan le aveva iniettato della droga sperando di indebolirne i poteri. Se non potevano riavere indietro Bonnie e Damon perlomeno avrebbero fatto l’impossibile per riavere le loro case, liberi da quell’inferno che li consumava dentro. L’aveva sbattuta in una delle celle che Damon aveva sistemato l’anno prima, aveva bisogno di capirci qualcosa, non era riuscito a fidarsi di Davina al cento percento, sebbene gli facesse comodo che la strega lo pensasse e che lo pensasse Stefan persino, ma quel dubbio non abbandonava la sua mente: se la magia come la conoscevano fino a quel momento, quella creata da Tessa e da Markos che definiva i loro rapporti, i loro istinti, si era consumata come una candela mozzata, perché Mystic Falls era ancora sotto quell’incantesimo? Quale ne era la fonte? Cosa lo legava ancora a quella terra? Prese una bottiglia di Champagne dalla riserva Salvatore, la agitò e la fece scoppiare addosso a Liv,
“Adesso festeggiamo me che ti faccio provare un grande dolore”
“Jeremy…”
“Mi fidavo di te, lurida puttana!”, esplose un colpo d’arma da fuoco verso l’esterno della sua spalla destra, sfiorandola. Liv svenne.

WHITMORE COLLEGE
“Com’è possibile?! Dove hai preso il secondo anello?!”
“Me l’ha lasciato Damon, ovunque sia, noi riusciamo a comunicare, io gli ho lasciato il mio,” così dicendo trascinò Stefan per la camicia verso il cassettone,
“qui io ho trovato un asciugamano sporco di grasso, con le vostre iniziali, cucite a mano,”, nel dirgli questo gli porse l’asciugamani e lo trascinò verso il suo comò,
“qui gli ho lasciato l’anello e ho ritrovato quello che hai in mano”,
“Ne hai parlato con qualcuno?”
“Con Caroline dell’asciugamani, per gli anelli aspettavo che tornassi, lei tende a credermi pazza”.
“Vorrebbe che riuscissi ad andare avanti”,
“Lo vuole anche per te, eppure ora si ritrova con il collo spezzato e nessuno di noi due ha remore sul fatto che si stia sbagliando”,
Stefan la guardava con comprensione. Le spiegò gli avvenimenti di New Orleans, Elena gli raccontò i suoi sogni.
“Non dobbiamo perdere la speranza, sono da qualche parte, forse questa Davina vi ha mentito e con Klaus intorno non mi stupirebbe affatto”,
“Voglio credere che sia così, ma, Elena, se questa pista non dovesse portarci a nulla…”
“Allora smetteremo di cercare”,
“Si, smetteremo”. Gli costava un’enorme fatica pronunciare quella frase, si smetteremo…non immaginava di poter smettere, non immaginava di non poterlo ringraziare, e di non poter essere per lui il fratello che meritava di avere, semplicemente il suo cervello diceva no. Tutto in lui diceva no. Stringeva i due anelli e pensava al dolore di Damon, a dove potesse essere, alla sua solitudine, a quanto fosse suo dovere riportarlo a loro.
“Auch…”, Caroline si risvegliò in terra, resasi conto di quanto avvenuto, portando la mano al petto, si girò sgranando i suoi luminosi occhi e guardando Stefan ed Elena. Una sensazione che la sé umana conosceva fin troppo bene si stava riaffacciando, accentuata, di nuovo nel suo spirito; realizzò che avrebbe infangato il già malconcio rapporto con Elena, e la ricacciò all’istante.
“Beh, potevate mettermi a letto almeno”, Stefan la guardò vergognandosi di se stesso, le aveva promesso, all’alba della sua trasformazione, che nessuno le avrebbe fatto del male, le aveva detto, da smemorato, che lui ci sarebbe stato sempre per lei, che lei aveva lui, si rifugiava da lei per i più disparati motivi da più tempo di quanto potesse ricordare e proprio lui, si lui, l’aveva ferita ed umiliata.
“Caroline…”
“Va tutto bene, credo che andrò a fare un giro, voi avete bisogno di parlare ed Elena mi aggiornerà dopo, comunque quella testa ferma ai piedi del letto è una spiegazione sufficiente”.
Uscì in fretta, negando a Stefan il tempo di scusarsi o di dare importanza alla cosa. Perché doveva giustificarle un gesto di rabbia? Non doveva infatti, erano amici, tra amici non si giustificano certi scatti, specie quando muore un fratello….ma che stava pensando?! “Cosa diamine pensi? Ovvio che dovevi dargli l’opportunità di spiegarsi! Cosa diamine fai Caroline Forbes?! Scappi via dal tuo amico?!”, camminava a passo svelto nei cortili del Whitmore quando un rumore la distrasse, si voltò svelta e poi di nuovo. Due enormi occhi azzurri le erano piantati davanti, una donna con un lungo abito bianco le sorrideva.
“Torna da Stefan”.
Si sentì sollevare da terra, il corpo teso, gli occhi le si voltarono diventando bianchi.

FORESTA DELLA VIRGINIA
Adam l’aveva visto arrivare, un tempo si erano contesi il ruolo di maschio alfa, e saperlo di nuovo umano era per lui soddisfacente. Superato il dolore della trasformazione, imparato a sopportarla poteva finalmente essere un leader.
“Tyler Lokwood”
“Adam”, si strinsero la mano con freddezza. Peyton l’aveva avvisato del suo arrivo con un resoconto sui motivi della sua visita, aveva organizzato il branco con burocrazia maniacale, Tyler sentì la rabbia crescere.
“Cosa ti riporta qui?”
“Credo che la nostra amica in comune ti abbia già spiegato tutto”
“Amica tua forse, per me è una sottoposta..ma si, mi ha spiegato perché sei qui e non so proprio come potrei aiutarti”
“Io credo che tu lo sappia”
“Se ti riferisci a lei, non si è più fatta viva dalla partenza dei suoi, lo sai bene, non possono esserci due alfa”, sghignazzava soddisfatto.
“Chi è questa lei?”
“L’amico è con te?”, Matt non riusciva a capire come un potenziale licantropo trattenesse la rabbia, da semplice umano gli avrebbe spaccato la faccia e pensava che quello era un viaggio a vuoto.
“Devo rintracciarla, alla svelta”
“Jamila non va cercata, va trovata caro mio, lo sai come funziona, se hai bisogno lei appare, come una fottuta fata madrina!”.

RICHMOND, VIRGINIA.
“Dovete rintracciarli subito! Riprovate!”
“Madame, i loro spiriti sono indeboliti, e le creature sono loro vicine, intervengono nella ricerca della loro magia”, la donna si voltò, nei suoi occhi il fuoco che avvampò la povera ragazza.
“Trovate i miei figli! Trovate Liv!”.
Erano disposte in cerchio, una dozzina di ragazze, vestite di nero, Madame si avvicinava loro una per volta, le giovani streghe, ridotte in cenere, risorgevano in quelle vesti cupe come la notte, dimenticando la recente morte, al centro del cerchio due spirali intrecciate. Erano nella soffitta di villa Parker, reclutate incoscientemente.

WHITMORE COLLEGE
“E’ la sua camicia…”
Stefan non riusciva a parlarne. Annuì solamente.
“Non è proprio il tuo genere….”, Elena sorrise debolmente.
“Sai, non lo so. Inizio a capire quanto si sentisse libero, certe volte”, con la mano indicò la testa di Luke.
“Sì, certe volte…”
“Non ho potuto dirgli tante cose…siamo stati lontani per molti, moltissimi anni, ed ora che non posso parlare con lui quando ne ho voglia, fosse anche solo per accusarci a vicenda di qualche sciocchezza, mi vengon in mente tante…tengo una lista”
“Una lista?”, lo sguardo di Elena era tenero, velato dalle lacrime.
“Di quello che voglio dirgli, di tutte le cose futili di cui vorrei parlare con lui, delle partite di football che avrei voluto vedere con lui negli anni in cui non era con me”, stava per tirarla da taschino quando Elena lo fermò
“No, Stefan. Gliele dirai e non devi mostrarmi nulla, non devi farmi capire quanto ti manchi. Io lo so”.
“L’ho trattato così…c’è stato un momento anni fa in cui ho desiderato la sua morte, capisci?! La morte del mio stesso sangue! Ed ora…”
“Ti sembra di pagare per quel pensiero, ma non è così. Damon era una persona diversa, tu eri diverso, lo eravamo tutti.”
“Già”, si voltò istintivamente verso lo spazio sul pavimento da cui si era alzata Caroline.
“Ti perdonerà, lo sai anche tu, lei non è capace di portare rancore…se non ti chiami Damon”,
“Come ho potuto farle del male così?”
“Eri stravolto Stefan”
“No, no…nei suoi occhi c’era delusione. E se sono riuscito a deludere perfino lei, dove troverò la lucidità per riportare Damon e Bonnie indietro?”, si premeva le mani sugli occhi e sulle tempie. Sentiva di poter scoppiare. Rivoleva suo fratello, avrebbe attraversato spazio tempo e quell’assurdità di mondo onirico, tutto, pur di riaverlo.


Non poteva sentire affanno o stanchezza, la sua natura di vampiro le risparmiava quelle scomodità, eppure trovava estremamente difficile correre, ma doveva raggiungerli. Era stata una sciocca a credere che solo il terrore e l’angoscia muovessero i sogni di Elena. Spalancò la porta d’ingresso e per un istante più lungo del dovuto provò repulsione per un pensiero: e se li avesse trovati in intimità? Non poteva pensare questo, no poteva muovere quel torno a Damon. Stefan era seduto alla scrivania di Elena, lei sul bordo del suo letto, cercavano una spiegazione ai sogni di Elena, svisceravano ogni momento che lei ricorda per trarne un dettaglio, seppur piccolo.
“Gli ho parlato! Io l’ho visto! Non…non sei pazza!”, si era accasciata, tenendosi alla maniglia della porta. Stefan era accorso per sollevarla.
“Caroline? Caroline!”, stava rivivendo la sua morte da umana.


ALTROVE
“Damon…Damon! Puoi sentirmi?! Damon svegliati!”, era nella sua stanza al college. Damon dormiva nel letto di Elena.
“Ma che diamine…E tu chi cavolo saresti?!”
“O mio Dio…”….sentiva chiaramente il cuore di Damon battere, era umano. La stanza si richiuse sopra di loro, ma lei non provò dolore, vide però Damon consumarsi nel fuoco e come se fosse svenuta e rinvenuta in pochi attimi si ritrovò in una stanza completamente bianca, Damon sospeso sopra di lei, la testa che si raddrizzava e gli occhi che da bianchi tornavano azzurri…
“Elena…”
“Damon…non….Bonnie!”, non potevano vederla, era in grado di attraversarli come se fosse un fantasma, poteva sentire il cuore di Bonnie battere, ma non quello di Damon.
“Devi resistere, ok? Ancora per poco e potrai vederla, stringerla!”
“Fammi…fammi scendere….liberami ti supplico, ho tanta…fame”, sul viso gli inconfondibili segni del vampirismo. Bonnie gli porgeva il polso. Caroline urlava i loro nomi inutilmente, ed inutilmente cercava di risvegliarsi.

VIRGINIA. ON THE ROAD, FUORI RICHMOND.
“Quando Stefan mi ha mandato un messaggio dicendomi di liberare un certo Alaric non mi aspettavo di trovarti impalato così bene.”, Enzo scattava foto con il cellulare, divertito dalla scena. Alaric era impalato per gli arti ed il cranio ad un’enorme quercia secolare in un bosco semisconosciuto in cui Stefan e Jeremy l’avevano trascinato.
“Sei proprio uno stronzo!”
“Mi è già stato detto, più di una volta. Oh sei fotogenico caro. Sembri la carta dei tarocchi…l’impiccato, solo che tu sei l’impalato…Perché ti hanno ridotto così?”, stava tirando via dalla carne di Rick i paletti dal cranio e dalle gambe, quand’ebbe liberato quello del braccio destro, Rick lo colpì con violenza. Enzo rispose cercando di impalettarlo di nuovo.
“Ex – cacciatore amico!”
“Ex – prigioniero – cavia umana amico!”.

WHITMORE COLLEGE
“Caroline! Caroline! Non puoi farmi questo! Svegliati!”, Stefan le era seduto accanto sul suo letto e la strattonava con forza, Elena immobile accanto a lui.
“Stefan….che è successo?”,
“Sei morta…della tua morte umana e ti sei risvegliata vampiro…”
“Hai aperto la porta come una furia, dicendo di averlo visto…che non ero pazza, chi…chi hai visto?”
“Io...Damon…”
La mia Fan Fiction viaggia nel web.
Mi trovate anche qui: http://www.moonlightitalia.com/vampirediaries/

martedì 1 luglio 2014

Fan Fiction The Vampire Diaries st.6 ep 03.

Fan Fiction tvd st.6x03

Ricordo.
ALTROVE
“Fa male, fa dannatamente male!”. Si era svegliato ancora. Sentiva che, chiunque gli permettesse di estraniarsi e di sognare, doveva combattere con la sua necessità di non dimenticarla. Era come assetato, la mancanza di lei l’arsura che stava soffrendo, il suo viso l’unico refrigerio. Quando la sua mente vinceva quell’induzione onirica e i suoi occhi sovrapponevano a quelle false immagini tutti i sorrisi di lei, tutti i suoi abbracci ed i ti amo sussurrati durante quell’estate ormai troppo lontana, ecco che l’intero bugiardo momento che viveva si richiudeva sopra di lui. E si risvegliava. Le braccia tese in alto, sollevato da terra tra quattro pareti bianche, il corpo rigido e gli occhi diventavano completamente bianchi. Stava per ricominciare. Una lacrima gli solcava il volto.
“…Elena…”, invocava il suo nome alla fine ed al principio di quell’induzione.

POST MORTEM:GIORNO 210 NEW ORLEANS.
“Quanto è affidabile questo metodo?”, Stefan la osservava mentre apriva la bara di Kol.
“Capirai che non ho la certezza al cento percento…”, Davina posò una mano dove una volta era il cuore di Kol, l’altra su quello di Jeremy,
“Jeremy subisce la sua natura a causa di un incantesimo. Se lo spirito di Kol è ancora in natura questo può voler dire che è stato trattenuto da quella parte di incantesimo ancora in vita”
“Cioè io, il mio essere cacciatore”.
“Sì, e con lui gli spiriti di quanti hai ucciso grazie a questo tuo istinto”. Stefan lo guardava accigliarsi. Sapevano che la risposta che Davina stava per dargli poteva significare che Bonnie e Damon erano spariti nel nulla. Mentre Davina pronunciava l’incantesimo per smuovere un po’ di vento e far intendere loro di adoperarsi per aiutarli, non poteva fare a meno di sentirsi in colpa. Ripeteva a se stessa che Klaus andava eliminato, ma non aveva preso in considerazione le possibili implicazioni. Che le avessero raccontato la mitologia della famiglia originaria e di come migliaia di vampiri, forse esseri innocenti come lo sembrava Stefan, fossero stati generati dalla stessa, non poteva distrarla dal suo compito. L’ipnosi su Alaric era riuscita, gli aveva insegnato come dominare il suo istinto, ma era riuscita a fatica a convincere Elijah ed Hayley che quella fosse la verità. Erano terrorizzati da un possibile ritorno di Esther. Terminò quel falso incantesimo.
“Allora?”, Jeremy aveva guardato con repulsione il corpo di Kol per tutto il tempo. Davina si girava verso di loro.
“Mi dispiace, Jeremy. Non ho sentito nulla. Lo spirito di Kol è chiaramente andato perso con l’Other Side. I tuoi istinti sono rimasti probabilmente perché era destino che tu fossi così”.
“Destino?”, la voce di Stefan era poco più che un sussulto. Davina lo guardava abbassare il capo, nei suoi occhi un indicibile dolore, nelle sue parole durezza.
“Abbiamo aspettato qui sette mesi per nulla!”, Stefan aveva scaraventato la scrivania con i manuali di Davina verso la parete. Ora urlava. L’aveva presa per la gola. Alaric lo allontanava.
“Stefan! Stefan, calmati! E’ poco più di una bambina…”, si voltava guardandola con sospetto, “e non può aiutarci…”.
Jeremy si stava allontanando da casa di Camille, dove Davina si era rifugiata dopo gli avvenimenti dell’ultimo anno. Alaric lo seguiva, mentre Stefan si accasciava al suolo, piangendo. Aveva perso anche la speranza. Damon era sparito, dissolto nel nulla, come se non fosse mai esistito, non poteva credere che il suo spirito fosse andato perduto, che dopo il sacrificio fatto non meritasse se non la vita, perlomeno la pace. Se era vivo, lo doveva a suo fratello maggiore, e non era pronto a dirgli addio. Non era pronto ad ammettere di dover trascorrere un’esistenza eterna senza averlo al suo fianco. Era stato così anche nel 1864, non era pronto ad andare avanti senza suo fratello e l’aveva costretto a trasformarsi, ed ora quell’enorme parabola discendente che era stato il loro rapporto lo portava ad ammettere di nuovo a se stesso che non sapeva andare avanti senza Damon. Anche durante il suo periodo da squartatore, e dopo, con Lexi, sapeva di poter tornare a Damon se solo avesse voluto. Damon era quella persona, quel qualcosa che non lo faceva totalmente impazzire. Ora sì, ora sentiva il dolore del cuore strappatogli dal petto. Era solo. La persona per cui avrebbe dato la vita e che per lui aveva dato la vita era scomparsa, per sempre.
Klaus ed Elijah lo osservavano, impotente e preda dello sconforto. Klaus era accorso dopo aver visto la fuga di Jeremy.
“Stefan. Stefan, basta”.
“Voglio bere. Ho bisogno di bere. Devo bere!”, i suoi occhi si trasformavano mentre guardava Davina.
“Portala via di qui”. Klaus guardò Elijah allontanarsi velocemente con Davina.
“Tu non hai bisogno di bere. Hai bisogno di andare avanti”.
“Klaus! Potrei scoppiare proprio quui, ora! Quante volte mi hai chiesto di restare in questi mesi? Se restassi? Potrei essere di nuovo..Potrei!”, Klaus si era accovacciato davanti a lui e lo guardava, come ad un animale che aveva cresciuto e accudito.
“Io ho avuto una figlia”, Stefan lo fissava.
“E’..è impossibile! Cerchi di distrarmi! Non distrarmi!”.
“No. Cerco di spiegarti perché per quanto ti voglia al mio fianco, non posso permettere che tu lo scelga come via di fuga”, i suoi occhi erano addolorati. Raccontò a Stefan di Hope, di come avesse deciso di proteggerla, di come sperava di rivederla, di come in quell’attesa aveva deciso di essere un padre di cui lei sarebbe fiera. Cosa avrebbe pensato la sua bambina se avesse permesso al suo migliore amico di distruggersi, invece di onorare la memoria di suo fratello?
“Non fare quella faccia, fatico io stesso a sentirmi parlare in questo modo”; si era alzato porgendogli una mano per aiutarlo, Stefan si alzava mentre Klaus gli posava una mano sulla spalla.
“Mi è sempre piaciuto tuo fratello. Sfrontato, arrogante, fastidiosamente presuntuoso”.


MYSTIC FALL. PRESENTE.
L’ufficio del procuratore distrettuale era stato tirato a lucido per il nuovo arrivo. Liz non lo vedeva dai tempi del college e l’esperienza degli ultimi anni le suggeriva che ogni arrivo a Mystic Falls era sospetto. Far sparire dal Grill la Camaro di Damon ed i corpi carbonizzati fu la sola circostanza di cui potè occuparsi, prima che il consiglio cittadino le sospendesse parte dei poteri. Prima o dopo sarebbe accaduto, troppe morti, troppi incidenti, a chi ignorasse la seconda natura della città, era naturale pensare di attribuire la colpa alla cattiva gestione della sicurezza cittadina. Il Grill fu la goccia. Fu nominata una commissione esterna, presieduta da Aloisius Evans, spocchioso so-tutto-io che ai tempi del college organizzava la vita all’intero campus. La sua famiglia aveva lasciato Mystic Falls al suo diploma, lui sarebbe andato al college ed i genitori, ricchi quanto se non più dei Lokwood, organizzarono il trasferimento in una campagna londinese. Il vecchio patriarca della famiglia, Aloisius Evan sn, non avrebbe permesso al suo unico figlio di allontanarsi prima della sua morte, non con le sue ricchezze comunque. Il vecchio passò a miglior vita al quarto anno superiore di Aloisius, e la famiglia potè quindi organizzarsi la vita al meglio.
“Liz Forbes, ma che piacere dopo tutti questi anni!”, il suo sorriso forzato diede il benvenuto in un completo Armani.
“Aloisius Evans. Ne è passato di tempo”.
“Oh, chiamami Al. Che stretta di mano vigorosa, per una donna intendo”.
“Non misuro la forza da…”
“Oh, ti prego. Non cominciamo….”, sempre lo stesso atteggiamento. Non permetteva a nessuno di essere palesemente in disaccordo con lui.
“Come preferisci”, Liz si sedette sulla poltrona in pelle al di là della scrivania, quell’ufficio era enorme, alle pareti gli attestati di Aloisius, era l’enorme rappresentazione del suo ego.
“Dunque, parliamo di questi ultimi cinque anni a Mystic Falls…”, Liz tirò fiato.


WHITMORE COLLEGE. PRESENTE.
“Sembra la bella addormentata, mi hai chiamato per baciarla?”
“No! Non essere stupido! Ti ho chiamato perché lei dice di vederlo quando sogna!”, Caroline lo trascinò fuori.
“E…?”, iniziava a spazientirsi.
“Ed è folle! E’ fuori dalla realtà! Ed io non so come aiutarla ed ho bisogno che accetti tutto questo”.
“Forse non mi sono spiegato. E…?”
“Ahhhh! E tu sei stato rinchiuso, e torturato. Hanno mai usato qualche pozione o pasticca per indurti che so, un…”
“Vuoi drogarla?!”
“No,no!...Certo che no!..Forse! Vorrei calmare la sua angoscia!”, Enzo prese a ridere.
“Le passerà quando le passerà!”
“A te è passata!”, incrociò le braccia, guardandolo. Enzo se ne andò sbattendo la porta d’ingresso degli alloggi. Il cellulare la avvisava di un nuovo sms. Stefan sarebbe tornato l’indomani.


“Caro diario. È accaduto di nuovo. Un sogno ancora più strano del precedente. Credo che Lui voglia dirmi qualcosa, credo mi stia chiedendo di salvarlo, di portarlo via, ovunque sia finito. Gli ho lasciato il mio anello, quello dell’incendio. Aspetto di non trovarlo nel cassetto domattina. Caroline mi prenderebbe per pazza se provassi a spiegarle ancora cosa accade senza prove”.


ALTROVE.
Si preparava per le vacanze primaverili. Doveva fare i bagagli alla svelta, l’ultimo esame sostenuto quella mattina. Aprì il cassetto e vide l’anello. Si sentiva strano. La camera si richiudeva sopra di lui, i suoi occhi si fecero bianchi. Prese l’anello e lo mise in tasta. “Elena!”. Si tolse il suo e lo mise al posto dell’altro. Il dolore ricominciava.

 

“Di nuovo! Non cede i suoi ricordi! L’ha amata troppo, non abbandonerà quel sentimento…E come potrebbe?”, un pensiero corse a Jeremy.
“Devi parlare con lui. Tranquillizzarlo.” Annuì.
Il dolore cominciava, si consumava nel fuoco e restavano di lei solo le vesti bianche.

“Basta! Chiunque tu sia, io ti ucciderò per questo. Mi senti?!”.
Era tornato in sé, cercava di rigirarsi, ma la sua posizione sospesa era imposta, poteva solo girare di poco il capo per accorgersi che quella stanza aveva qualcosa di familiare. Sapeva di essere stato lì. E più quella sensazione s’acuiva, più la stanza prendeva dimensione, come se fosse la sua mente a vestirla.
“Damon”, la sentì chiaramente, nei suoi limitati movimenti si strattonò, ma non riusciva a vederla; vide però che non aveva più l’anello dei Salvatore al dito. Un pensiero corse a Stefan e di fronte a lui comparve una finestra, che dava verso il nulla, altro bianco.
“Damon”.
“Bonnie. Bonnie!”, la ragazza apparve dinanzi a lui.
“Fidati di me”, Damon guardò le sue vesti, bianche anch’esse, fece cenno di sì col capo. Gli occhi volti verso l’alto diventarono di nuovo bianchi.
“Elena…”, una lacrima solcava il volto.

La dama aveva riposto ordinatamente le sue vesti e attendeva. Si levò un fumo rossastro e con esso Bonnie tornò in quelle vesti.
“Sei stata brava”.
“Quando potrò restare con lui più a lungo?”
“Presto”
“Ha bisogno di capire”
“Capirà”
“Perché non vedo il tuo volto?”
“Perché capiresti, e non è ancora il tempo”.

 

 

POST MORTEM. GIORNO 0.
Le mancava il respiro e cominciava a sentire tutta la sua vecchia fragilità risalire dalle viscere in cui l’aveva confinata. Alaric la teneva per un braccio, Stefan teneva Caroline stretta tra le braccia, a pochi metri da loro il cartello di benvenuto a Mystic Falls, ce l’avevano fatta, erano fuori. Si liberò dalla stretta di Alaric,
“Lasciami! Devo tornare indietro! Devo!”
“Elena! Elena calmati! Non puoi rientrare, moriresti!”, e in un ultimo accenno di forza, mentre si divincolava dalle sue braccia, le riuscì di dire
“Non mi importa!”.
Stefan teneva ancora in braccio Caroline, era svenuta mentre correvano via da quella condanna a morte, e ricominciò a piangere, stringendola, pensando a Damon.
“Stefan…”, si era svegliata e gli carezzava la guancia, portando via le lacrime con quella carezza, stavolta no, stavolta il suo buon cuore e la sua allegria non possono nulla, era ciò che Stefan pensava, mentre lei, liberata dal suo abbraccio, lo stringeva.

 

POST MORTEM. GIORNO 7.

Elena era catatonica, immobile nel letto del dormitorio al Whitmore College. Suo fratello steso su un materasso a terra accanto al letto, le teneva la mano. Caroline, impotente, guardava la scena con Alaric.
“Troverai il modo Alaric, riuscirai a farli andare avanti”, così dicendo si allontanava. Stefan aveva soggiogato il rettore per iscriversi al Whitmore e due professoresse per nutrirsi di loro, era riuscita a malapena a fermarlo. Matt e Tyler gli avevano portato la Camaro di Damon e aveva passato quei primi giorni di lutto a contemplarla nel garage di villa Withmore. Gli aveva promesso di esserci, di non farlo crollare, intendeva mantenere quella promessa, ma sapeva di non essere abbastanza. Allo stesso tempo era turbata da quell’emozione che le prendeva quando lo guardava, da quand’era tornato dall’Other Side. Il suono del cellulare la rapì ai suoi pensieri.
“Sono qui fuori”. C’era un’altra parola che doveva mantenere, solo a pensarci rabbrividiva:


“Perché non la consegni ad Elena?”
“Tu vuoi che io dia alla mia ragazza una lettera d’addio per il mio amico dopo averle promesso di tornare dalla morte?! A quella stessa ragazza che ha dato di matto alla sola idea di questo piano?”.
Lo guardava e sbuffava, “Ok! Lo farò! Ma probabilmente lo vedrai una volta passato e potrai dirgli tu stesso qualunque cosa tu abbia scritto qui”.
“Già. Chissà”. Damon le tendeva la lettera, accigliandosi.
“Tu tornerai, ok? E farai meglio, perché Stefan ed Elena hanno bisogno di te”. Damon sorrise debolmente.


Ora andava incontro ad un ignaro Enzo, non sapeva come avrebbe reagito, cos’avrebbe detto o, peggio, fatto. Si incontrarono all’ingresso del campus.
“Tieni”,
“Una lettera d’amore? Sono qui, usa la tua bella voce”.
“Senti, non…non scherzare. E’ successo qualcosa ed è meglio che legga”.
Enzo aprì la lettera:
“Bene, siete riusciti a farmi pettinare da eroe. E’ Stefan lo scrittore in famiglia, perciò non aspettarti baci e abbracci alla fine di questo biglietto. Come nella peggior serie drammatica del peggior canale via cavo: se stai leggendo è perché qualcosa è andato storto ed uno solo di noi è tornato… Temo tu possa dare di matto e far del male a qualcuno e per qualcuno intendo Elena, mio fratello, il piccolo Gilbert e persino la spina nel fianco che ti ha consegnato questo biglietto. Voglio che ricordi il momento in cui hai spento la tua umanità e a che conseguenze ha portato. Voglio che tieni presente che ho mantenuto la mia parola, ti ho riportato indietro, non ti ho deluso. E tu non deludere me. Vivi, finalmente.
Damon.”
Stravoltosi nello sguardo, scaraventò la sua auto lontano.
“…Enzo…”, si girò. Lo vide piangere e allontanarsi nell’oscurità.

 

 

WHITMORE COLLEGE. PRESENTE.
Stefan si diresse spedito all’alloggio. Alaric era troppo impegnato a liberarsi dai paletti per rallentarlo. Jeremy era tornato a Mystic Falls, gli aveva lasciato in custodia la magione Salvatore, l’avrebbe rinchiusa lì. Trascinava con sé un piccolo sacco nero. Aveva passato l’ultimo mese a dar la caccia a quel bottino, cosa aveva detto su Elena riguardo i sentimenti cui aggrapparsi per non impazzire? Ah, sì, sperava fosse l’amore, magari l’amore per lui. Si fermò ed iniziò a ridere violentemente. Con rapidità riprese il suo cipiglio, gli occhi incattiviti. Ora capiva cosa intendesse Klaus sul non perdersi, ma al contempo non limitarsi e lui non si sarebbe limitato: che perfezione quella via di mezzo. Non avrebbe ucciso o squartato persone innocenti, solo i colpevoli; così Klaus non avrebbe voluto salvarlo e non si sarebbe sentito in colpa nei confronti di Hope. E qualcuno che non fosse l’insulso destino o quel bastardo dell’universo, doveva pagare. Qualcuno che avrebbe lasciato supplicare per divertimento. Persino Jeremy era d’accordo e che soddisfazione vederlo fermare Rick. Rick…come se non L’avesse perso anche lui, l’inutilità del voler fare la voce della ragione gli aveva fatto guadagnare un paletto che trapassatogli il cranio lo inchiodava ad una quercia secolare. Persino Lui, ne era sicuro, avrebbe riso di quella sottile ironia. Fece irruzione nell’appartamento. Poté vedere che il letto di Bonnie era ancora lì. Caroline si alzò dalla scrivania per andargli incontro, prima con passo certo, poi, avendolo visto in volto, lentamente. Elena scriveva il suo diario e posò gli occhi da Stefan al sacchetto.
“Cos’è?”, Caroline temeva la risposta, in cuor suo sapeva che l’avrebbe fatto. Stefan la ignorò, andò verso Elena che nel mentre aveva lasciato carta e penna e lo guardava. Stefan rovesciò il contenuto del sacchetto. La testa di Luke rotolò verso i piedi di Elena.